Rivista EAS. Febbraio 2024

di redazione

Rivista EAS. Febbraio 2024

Rivista EAS. Febbraio 2024


Il numero di febbraio della Rivista EaS. Essere a Scuola propone di indagare tre aspetti importanti riguardanti l’Intelligenza Artificiale nella pratica didattica:

  • l’IA in classe
  • Tecnologie IA per la didattica
  • IA e inclusione educativa

Condividiamo qui l’editoriale di Pier Cesare Rivoltella, il sommario del sesto numero.

L’IA probabilmente… di Pier Cesare Rivoltella

La sociologia della tecnica ha ormai chiaro cosa succede quando una nuova tecnologia viene scoperta e deve essere fatta accettare socialmente (Flichy, 1993). Si deve sovradeterminare il suo significato, ovvero occorre creare attorno a essa attenzione e interesse, anche preoccupazione, amplificando le sue possibilità oltre ogni limite. Questo risultato si ottiene attraverso un abbondante lavoro di discorsivizzazione sociale: se ne scrive sui libri, sulle riviste, sui giornali, le si dedicano speciali in televisione, se ne cura la presenza sui social. Quando il risultato è raggiunto, si lascia che la tecnologia faccia il suo corso: inizia a essere utilizzata, entra nelle pratiche abituali degli individui, si normalizza.

Pedagogia algoritmica

Chiara Panciroli è referente dell’area educativa dentro ad Alma-AI, il centro di ricerca che l’Università di Bologna ha dedicato allo studio dell’Intelligenza Artificiale, intrecciando contributi e punti di vista di circa 400 ricercatori che provengono dalle discipline più disparate. Da almeno un anno e mezzo Chiara era in pressing: cercava di convincermi che l’IA rappresentasse un tema di grande rilievo per la didattica e la Media Education e sosteneva che fosse necessario che ce ne si occupasse. E il modo per farlo era scriverci un libro. Ho respinto il pressing a lungo. L’IA non mi interessava, la trovavo qualcosa di molto lontano dalla scuola, soprattutto ero convinto che ci volesse ancora molto tempo prima che potesse diventare un tema di grande diffusione sociale. Chiara non mollava la presa: come un vecchio stopper, mi ringhiava sul collo, mi mordeva i polpacci. Alla fine, ho ceduto, pensando che se l’avessi acconten- tata poi mi avrebbe lasciato in pace. Invece, mentre ci lavoravamo, mi sono accorto che i temi dell’IA rappresentano uno straordinario catalizzatore concettuale per le grandi questioni della didattica e della Media Education: consentono di riprenderle, tematizzarle alla luce del nuovo, riproporle all’attenzione. Il risultato è stata la pubblicazione di Pedagogia algoritmica, un libro che in queste stesse pagine viene recensito da Salvatore Messina e che sta sullo sfondo di questo numero monografico.

Spazi di lavoro

Come sempre capita con la tecnologia, è solo lavorandoci che si supera la paura, così da passare da una rappresentazione tendenzialmente preoccupata, non dico a una visione ottimistica, ma quanto meno realisticamente concentrata tanto sulle possibilità che essa offre quanto sui rischi da cui occorre comunque difendersi.

Nel caso dell’IA, lavorandoci nella prospettiva della scuola, ci si accorge che le possibilità che essa offre si possono organizzare almeno in tre direzioni.

Una prima direzione è quella del supporto alla professionalità dell’insegnante. Con l’IA si possono pro- gettare le lezioni, si possono costruire prove di valutazione, si possono scrivere i verbali del collegio dei docenti. Di più. Si possono ottenere sintesi di articoli e capitoli di libri, preparare schede di lavoro per gli studenti, predisporre job-aids personalizzati per sostenere il lavoro domestico della classe. Tra le tante applicazioni disponibili, in questa direzione potrei suggerire Eduaide (in internet, URL: https://www. eduaide.ai), ma anche le applicazioni di IA generativa come ChatGPT e Bard possono essere funzionali al riguardo.

Una seconda direzione è quella della didattica. L’IA si può rivelare una validissima alleata per la pro- gettazione didattica di attività e contenuti nelle singole discipline. Esempi in questa direzione si trovano all’interno di questo numero: la matematica, le lingue straniere, l’italiano, ma in pratica tutte le disci- pline ne possono trarre un grande vantaggio. Le applicazioni sono numerosissime, senza considerare la possibilità di svilupparne di proprie a partire dalle API che i diversi sistemi rendono disponibili.

Un terzo ambito di utilizzo è il supporto all’apprendimento degli studenti. Si può utilizzare l’IA per pra- ticare nuove strade della ricerca sul Web, come capita con Perplexity (in internet, URL: https://perple- xity.ai), un motore di ricerca che dichiara le sue fonti, suggerisce una sintetica risposta e suggerisce siti interessanti per proseguire la ricerca stessa. Oppure si può utilizzare l’IA per generare mappe mentali o concettuali, come è il caso di Gitmind (in internet, URL: https://gitmind.com/it) o di XmindCopilot (in internet, URL: https://xmindcopilot.ai): in entrambi i casi si inserisce del testo nell’applicazione e se ne ottiene un’ipotesi mappa. Senza parlare delle diverse opportunità di supporto all’apprendimento offerte dai chatbot.

Literacy

Chiaramente occorre che a fianco di questi usi didattici la scuola tenga alta la soglia dell’attenzione sul piano etico ed educativo costruendo cultura dell’IA (Elliott, 2019). Da questo punto di vista, l’IA aggiunge alle literacies già note (Media Literacy, Information Literacy, Data Literacy) una nuova literacy, l’AI Literacy, che si costruisce su quattro grandi attenzioni:

1) l’attenzione al linguaggio. Significa conoscere il lessico dell’IA, praticarne i linguaggi, anche a livello di programmazione;

2) l’attenzione alla dimensione critica. L’IA, i dati, gli algoritmi, hanno risvolti economici e politici che impattano sulla cittadinanza. Occorre sviluppare consapevolezza critica negli utenti a questo riguardo e questo si traduce in una attenzione ai propri dati, nell’esercizio di un dubbio metodico in relazione alle risposte dell’IA, nello sviluppo di capacità di conversazione (prompting) con i sistemi adeguate;

3) l’attenzione alla dimensione etica. Non basta essere critici e consapevoli; occorre essere responsabili. Questo vale sia per chi programma (e serve a produrre un’IA fair) sia per chi utilizza;

4) infine, l’attenzione alla dimensione espressiva. L’IA si può rivelare una validissima alleata nel lavoro di produzione creativa e di presa di decisione. Imparare a servirsene, in una logica di co-creazione, fa parte di sicuro della nuova literacy che occorre sviluppare.


Per approfondire:

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