di Michele di Paola, project manager presso Spazio Giovani impresa sociale, formatore e docente di laboratorio (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Sono da poco disponibili i risultati della ricerca europea “RAY-DIGI” che esplora il ruolo della digitalizzazione nel lavoro educativo con i giovani (in Europa, youth work) e nell’apprendimento non formale, nel contesto di programmi giovanili europei come Erasmus+ e European Solidarity Corps.
Si tratta di un contesto specifico di attività educative, basate su approcci esperienziali e non-formali, che si svolge per lo più a livello internazionale e che gira intorno alla figura dello youth worker (o secondo la traduzione italiana più accreditata, dell’animatore socio-educativo giovanile). E’ una figura professionale che in Italia non ha uno status o un riconoscimento ufficiale, nonostante da qualche tempo si sia organizzata in una associazione professionale, mentre in molti Paesi europei è riconosciuta e può contare su specifici percorsi formativi.
In ogni caso, la ricerca parte dalla volontà di analizzare l’impatto della trasformazione digitale in questo contesto. Il lavoro, sviluppato dal 2021 al 2024, analizza 64 studi di caso in 41 paesi per documentare i progressi della digitalizzazione e fornire raccomandazioni per rafforzare il lavoro giovanile digitale, ed è disponibile online a questo indirizzo: https://www.researchyouth.net/projects/digi/
Il rapporto evidenzia come le tecnologie digitali influenzino giovani e youth workers, trasformando le pratiche del lavoro giovanile, a partire da questi elementi chiave:
- 1 L’uso delle tecnologie digitali attira giovani e nuovi operatori verso le attività di youth work.
- 2 Lo youth work digitale mantiene gli stessi obiettivi del precedente lavoro educativo con i giovani e può avvenire sia online che in presenza.
- 3 Le pratiche di youth work digitale di successo si basano sui princìpi dell’educazione non formale, utilizzando le tecnologie per rafforzare relazioni e obiettivi.
- 4 La combinazione di ambienti online e offline è spesso cruciale per il successo.
Tra i diversi casi esaminati, alcuni rendono immediatamente chiaro il valore che l’uso di strumenti e spazi digitali ha potuto aggiungere allo youth work in diversi contesti locali.
Ad esempio, in Slovenia hanno combinato l’apprendimento online e offline per mantenere l’approccio esperienziale dell’educazione non formale, inviando materiali fisici a casa dei partecipanti per consentire loro di partecipare attivamente alle attività online (nel dettaglio, un workshop sulla sostenibilità).
In uno dei tre casi analizzati in Italia, chi scrive ha supervisionato un gruppo di lavoro all’interno di Spazio Giovani impresa sociale, che ha condotto una sperimentazione sull’utilizzo di TikTok nei servizi informagiovani, coinvolgendo direttamente un gruppo di studenti nella preparazione e produzione dei contenuti informativi.
Il documento esamina anche i fattori strutturali che favoriscono lo youth work digitale, come la necessità di finanziamenti, infrastrutture e riconoscimento, e il bisogno di formare operatori giovanili competenti e fiduciosi nell’uso delle tecnologie digitali.
Nella sua parte finale, il rapporto propone infine strumenti pratici e un quadro concettuale per pianificare e riflettere sullo youth work digitale, incoraggiando un approccio ad ampio spettro che vada oltre il mero utilizzo delle tecnologie di per sé, per promuovere lo sviluppo delle competenze digitali tra i giovani.