di Ilenia Amico e Matilde Lesini
Il metodo fondato a fine ‘800 da Maria Montessori, ha come scopo l’autonomia del bambino. Di conseguenza l’insegnante elabora una struttura didattica basata sulle singole esigenze di ogni alunno. Non a caso infatti la citazione preferita da Maria Montessori risulta essere «Aiutami a fare da solo». Nonostante tale metodo abbia più di un secolo di vita, risulta essere ancora oggi rivoluzionario.
Ma in cosa consiste questo metodo a livello pratico?
Classi eterogenee per età, una didattica basata sulla la scoperta e sulla costruzione del proprio apprendimento, un materiale che ha la funzione di accompagnare lo studente nell’apprendimento consentendo l’auto-correzione dell’errore, un ambiente a misura di bambino predisposto seguendo un rigore scientifico, libertà nella scelta del lavoro e delle attività da svolgere durante l’orario scolastico.
Il metodo messo a punto da Maria Montessori, riconosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, permette di avere una visione di scuola a tratti utopica rispetto a quella che è la consueta pratica scolastica italiana, ancora legata al modello della riforma Gentile varata nel 1923.
In generale però, nel nostro paese, si sta verificando un nuovo interesse per la pedagogia e il metodo Montessori, soprattutto da parte delle famiglie, che ricercano una scuola di qualità (Paola Trabalzini – “Perché Montessori Oggi?”).
Come fornire alle famiglie e ai bambini una scuola di qualità? Analizzando i principi del metodo, ci si potrebbe chiedere: cosa, di questo metodo, è possibile applicare nelle scuole tradizionali? Quali caratteristiche del Metodo possono dar vita ad una scuola di qualità?
L’AMBIENTE EDUCATIVO
Studiato nei minimi dettagli, l’ambiente delle scuole montessoriane concorre allo sviluppo naturale dei bambini rispettando tempi, bisogni e potenzialità.
Gli arredi sono a misura di bambino, pensati per promuovere la sua autonomia, per stimolare la sua attività spontanea, la sua libertà di imparare, scoprire, compiere errori e correggersi senza il bisogno dell’intervento dell’adulto. (Saverio Santamaita, “Storia dell’educazione e delle pedagogie”, Milano-Torino, Pearson, seconda edizione 2019.)
L’ insegnante è responsabile dell’organizzazione dell’ambiente; è osservatore delle azioni spontanee del bambino, lo accompagna con lo sguardo.
Anche nella scuola tradizionale può essere messa in atto una rivalutazione dell’ambiente educativo. Nella scuola dell’infanzia potrebbe essere utile allestire le sezioni in modo da avere spazi aperti, liberi da ostacoli e da barriere fisiche. Dividere la classe in angoli chiaramente individuabili ma che si fondano tra di loro a rappresentare un unico ambiente. Importante è anche progettare gli spazi in modo da permettere ai bambini di svolgere attività a pavimento, su tappeti, cuscini.
Nella scuola primaria sarebbe opportuno dedicare del tempo a momenti laboratoriali da alternare alla didattica frontale, in cui la disposizione dei banchi possa cambiare a formare isole per gruppi di lavoro, coppie, postazioni singole.
Sarebbe inoltre utile prediligere una didattica più esperienziale, facendo uso di laboratori e spazi esterni pensati ed orientati a svolgere un ruolo didattico.
L’ERRORE
Lo scopo del materiale montessoriano è condurre il bambino all’apprendimento in modo autonomo, senza cioè richiedere l’intervento dell’adulto; per questo motivo permette il controllo dell’errore e incentiva il bambino a perseverare nell’attività senza abbattersi o demotivarsi vedendo l’errore come qualcosa di negativo.
Varrebbe la pena che anche nelle scuole tradizionali si iniziasse a trattare l’errore come un mezzo per apprendere e non come elemento che penalizza il bambino.
Identificando gli errori e la loro causa, i bambini apprendono strategie fondamentali di analisi critica. Sapere di poter sbagliare aiuta i bambini a non temere il giudizio perché consapevoli del fatto che attraverso di esso la conoscenza può solo aumentare (Leonardo Povia – Che cos’è la pedagogia dell’errore).
RUOLO DELL’INSEGNANTE E VISIONE EDUCATIVA
È la guida, è il mediatore, è colei/colui che osserva l’interazione del bambino con l’ambiente, dirige le attività psichiche degli alunni e il loro sviluppo (https://www.operanazionalemontessori.it/montessori/il-metodo-il-bambino-e-l-adolescente/progetto-educativo-montessori-3-11/322-l-insegnante).
La maestra Montessoriana usa modi gentili: dolcezza e delicatezza per creare un ambiente sereno, sicuro, in cui prevale il motto «Io sono qui per te». I suoi gesti non sono mai casuali ma sempre precisi e controllati; quando un bambino richiede il suo intervento si pone alla sua altezza per fargli percepire il proprio interesse verso ciò che sta chiedendo o facendo.
L’insegnante è attenta all’emotività dei suoli alunni, ai loro tempi di apprendimento; ha il compito di guidare il bambino nell’apprendimento e nella scelta del materiale.
(“La maestra e il materiale”).
Tema caro a Maria Montessori è quello che essa stessa definisce “mente assorbente” del bambino. Per il solo fatto di vivere egli impara e fa suo tutto ciò che l’esperienza può offrirgli (comportamento, regole, linguaggio…), senza fare alcuno sforzo e senza programmare consapevolmente l’apprendimento. Viene posta grande attenzione ai bisogni educativi dei bambini: ognuno è un soggetto specifico che va accompagnato rispettandone i ritmi; non tutti i bambini apprendono tutto allo stesso modo e allo stesso tempo. (Jean-Marie De Ketele (ed.), “Figure dell’educazione nel mondo”, a cura di L.Cadei e D. Simeone, traduzione di S. Faini, Brescia, Scholè 2019).
Si privilegia l’auto-educazione, in cui l’educando è libero di scegliere autonomamente il lavoro o l’attività da svolgere. Conseguenza? tutto è focalizzato sulla stimolazione dell’interesse personale, i tempi di apprendimento non sono prestabiliti e programmati, in modo da non porre alcuna fretta o pressione nello svolgimento delle attività e dell’apprendimento.
Nella realtà delle scuole tradizionali, questo aspetto comporta la necessità, da parte delle insegnanti, di mettersi totalmente in discussione per ripensare e calibrare la propria azione educativa e didattica. Non è un processo semplice e per nulla scontato ma troviamo che l’applicazione di una nuova prospettiva sia l’unico modo per mettere in atto un reale ed effettivo cambiamento.
Questo implica iniziare a pensare gli allievi come individui con i quali condividere un percorso di apprendimento. Individui da vedere come elementi attivi e partecipi a questo processo e non solo come fruitori passivi.
Significa imparare a cogliere le esigenze di tutti, avere rispetto per i tempi di ognuno, operando in tal modo opportune modifiche ai percorsi di apprendimento e/o personalizzando la didattica.
Ciascun bambino ha delle unicità che vanno rispettate e che contribuiscono ad arricchire la comunità educante di cui fa parte.
Nell’ambito del progetto di tirocinio previsto per gli studenti iscritti al secondo anno del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, tra il mese di dicembre e febbraio si è tenuta un’aula decentrata dal titolo:
“I capisaldi montessoriani, il bambino e l’ambiente maestro di vita e cultura”.
L’incontro è stato presieduto dalla dottoressa Marzia Luzzini, direttrice della scuola Montessori di Como.
In generale, nel nostro paese, si sta verificando un nuovo interesse per la pedagogia e il metodo Montessori, soprattutto da parte delle famiglie, che ricercano una scuola di qualità (fonte).
Anche in virtù di ciò, al termine di questa esperienza è stato quasi spontaneo porsi un interrogativo: cosa, del metodo Montessori, vorremmo vedere nelle nostre scuole?
E’ ovvio che non tutte le caratteristiche di una scuola di metodo possano essere trasferite ad una tradizionale. E’ però utile ed importante riflettere su quanto, alcuni elementi del metodo, possano apportare un importante contributo nelle scuole.
Il bambino e la sua centralità
All’interno del metodo Montessori il bambino è al centro. Vige molto rispetto per quelli che sono i suoi bisogni, i suoi interessi e la sua libertà di scelta.
Questo aspetto porta a riflettere su quale sia invece il ruolo del bambino nella scuola tradizionale e, come, possa essere ripensato. Significa porsi in discussione come docenti e di conseguenza ripensare e calibrare la propria azione didattica. Significa pensare agli allievi come persone con le quali condividere un percorso di apprendimento, da rendere partecipi ed elementi attivi.
Ognuno è unico
Ogni bambino ha i propri tempi di sviluppo e i propri bisogni educativi. Per questa ragione il docente non può pensare di applicare strategie didattiche che siano uguali per tutti e soprattutto non deve pretendere che tutti raggiungano un determinato obiettivo allo stesso tempo. E’ importante imparare a cogliere le esigenze di tutti, avere rispetto per i tempi di ognuno, operando opportune modifiche ai percorsi e personalizzando la didattica.
Ciascun bambino ha delle unicità che vanno rispettate e che contribuiscono ad arricchire la comunità educante di cui fa parte.
Spazi a misura di bambino
La centralità del bambino ci porta a fare anche una riflessione sugli spazi, che devono essere a sua misura.
Spazi alla scuola dell’infanzia.
Alla scuola dell’infanzia sarebbe utile allestire la sezione in modo che gli spazi siano aperti, liberi da ostacoli e da barriere fisiche. Dividere la classe in angoli chiaramente individuabili ma che si fondano tra di loro a rappresentare un unico ambiente. Importante è anche lasciare ampi spazi per permettere ai bambini di svolgere attività a pavimento, su tappeti, cuscini.
Spazi alla scuola primaria.
Alla scuola primaria sarebbe opportuno dedicare del tempo a momenti laboratoriali da alternare alla didattica frontale, in cui la disposizione dei banchi possa cambiare a formare isole per gruppi di lavoro, coppie, postazioni singole.
Sarebbe inoltre utile prediligere una didattica più esperienziale, facendo uso di laboratori e spazi esterni pensati ed orientati a svolgere un ruolo didattico.
Il metodo Montessori, nato a fine ‘800 da Maria Montessori, ha come scopo l’autonomia del bambino. Di conseguenza l’insegnante andrà a elaborare una struttura didattica basata sulle singole esigenze di ogni alunno. Non a caso infatti la citazione preferita da Maria Montessori risulta essere «Aiutami a fare da solo». Nonostante tale metodo abbia più di un secolo di vita sulle spalle risulta essere ancora oggi rivoluzionario. Ma in cosa consiste questo metodo a livello pratico? Classi eterogenee per età, una didattica basata sulla la scoperta e sulla costruzione del proprio apprendimento, un materiale che ha la funzione di accompagnare lo studente nell’apprendimento consentendo l’auto-correzione dell’errore, un ambiente a misura di bambino predisposto seguendo un rigore scientifico, libertà nella scelta del lavoro e delle attività da svolgere durante l’orario scolastico.
L’ambiente educativo
Studiato nei minimi dettagli, l’ambiente delle scuole montessoriane concorre allo sviluppo naturale dei bambini rispettando tempi, bisogni e potenzialità.
Gli arredi sono a misura di bambino, pensati per promuovere la sua autonomia, per stimolare la sua attività spontanea, la sua libertà di imparare, scoprire, commettere errori e correggersi senza il bisogno dell’intervento dell’adulto. L’insegnante è responsabile dell’organizzazione dell’ambiente; è osservatore delle azioni spontanee del bambino, lo accompagna con lo sguardo; come direbbe Maria Montessori lo aiuta a fare da sé.
Il materiale
Altro punto essenziale del metodo è il materiale, specifico, pensato sia per finalità ludiche che per potenziamento senso-motorio; di solito realizzato in legno e quasi mai in plastica. Il suo scopo è condurre il bambino all’apprendimento in modo autonomo, senza cioè richiedere l’intervento dell’adulto; per questo motivo permette il controllo dell’errore e incentiva il bambino a perseverare nell’attività senza abbattersi o demotivarsi vedendo l’errore come qualcosa di negativo.
L’estetica
Per Maria Montessori l’estetica dei materiali, ma anche degli arredamenti non era qualcosa di superficiale o secondario, anzi. È fondamentale che gli arredi e i materiali
siano gradevoli e piacevoli alla vista. Il motivo? Perché il bambino provi piacere nell’utilizzarli.
L’insegnante
È la guida, è il mediatore, è colei/colui che osserva l’interazione del bambino con l’ambiente, dirige le attività psichiche degli alunni e il loro sviluppo; per questo motivo Maria Montessori, ne ha cambiato nome da maestre a direttrici. Non propone delle lezioni come nelle scuole tradizionali, occasionalmente organizza delle “presentazioni”: momenti in cui introduce ai bambini un tema. La maestra Montessoriana usa modi gentili: dolcezza e delicatezza per creare un ambiente sereno, sicuro, in cui prevale il motto «Io sono qui per te». I suoi gesti non sono mai casuali ma sempre precisi e controllati; quando un bambino richiede il suo intervento si pone alla sua altezza per fargli percepire il proprio interesse verso ciò che sta chiedendo o facendo. L’insegnante è attenta all’emotività dei suoli alunni, ai loro tempi di apprendimento; ha il compito di guidare il bambino nell’apprendimento e nella scelta del materiale, osservandone così il modo in cui lo scelgono; questo per evitare che ne utilizzino uno inferiore al loro livello; solo così potrà sentirti appagato, riuscendo a svolgere il compito. Sì, perché se usassero un materiale superiore al loro livello rischierebbero di essere frustrati e perdere fiducia nelle proprie capacità.
Visione educativa basata sui bisogni del bambino
Tema caro a Maria Montessori è quello che essa stessa definisce «mente assorbente» del bambino. Per il solo fatto di vivere egli impara e fa suo tutto ciò che l’esperienza può offrirgli (comportamento, regole, linguaggio…), senza fare alcuno sforzo e senza programmare consapevolmente l’apprendimento. Viene posta grande attenzione ai bisogni educativi dei bambini: ognuno è un soggetto specifico che va accompagnato rispettandone i ritmi specifici; non tutti i bambini apprendono tutto allo stesso modo e allo stesso tempo. Viene rifiutato infatti l’autoritarismo dell’insegnante e il nozionismo, tipico della scuola tradizionale; tutto è focalizzato sulla stimolazione dell’interesse personale. Si privilegia l’auto-educazione, l’educando è libero di scegliere autonomamente il lavoro o l’attività da svolgere. Conseguenza? I tempi di apprendimento di ognuno vengono rispettati, senza porre alcuna fretta o pressione nello svolgimento delle attività.
Dopo questa breve introduzione a quelli che sono i temi cari al metodo Montessori viene spontaneo creare un parallelismo con la metodologia utilizzata nella scuola tradizionale; una domanda sorge spontanea: “Cosa possiamo portare nella didattica quotidiana questo metodo?”
Il metodo messo a punto da Maria Montessori, riconosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, permette di avere una visione di scuola a tratti utopica rispetto a quella che è la consueta pratica scolastica italiana, ancora legata al modello della riforma Gentile varata nel 1923.
Sarebbe una fantasticheria immaginarsi una scuola che basi la propria didattica sul rispetto dei bisogni di ogni bambino anziché imporre uno standard predeterminato, uguale per ogni alunno. Così come sarebbe altrettanto bello avere una scuola che si basi sull’apprendimento, sull’esperienza diretta dei bambini, invece di importare insegnamenti deducibili dal racconto dell’insegnante. Perché non avere una scuola che strutturi le proprie attività ponendo attenzione al movimento (mani-corpo-mente) come strumento per un apprendimento attivo e significativo, anziché costringere i bambini a rimanere seduti per ore ad ascoltare le parole dell’insegnante? O a compilare schede senza avere la possibilità di imparare dall’interazione con l’altro? Infine sarebbe bello avere una scuola in cui l’errore è visto come un mezzo per imparare e non come elemento per penalizzare il bambino; così come ci vorrebbe una scuola che sviluppi nel bambino la consapevolezza delle proprie capacità accrescendo la motivazione personale verso l’apprendimento e l’autostima.
Fonti:
- www.metodomontessori.it
- www.operanazionalemontessori.it
- Jean-Marie De Ketele (ed.), Figure dell’educazione nel mondo, a cura di L.Cadei e D. Simeone, traduzione di S. Faini, Brescia, Scholè 2019.
- Saverio Santamaita, Storia dell’educazione e delle pedagogie, Milano-Torino, Pearson, seconda edizione 2019.