Sabato 12 dicembre 2020 si è aperto il corso gratuito organizzato dall’AIART (Associazione Cittadini Mediali) accreditato presso il MIUR, in cui è intervenuto il professor Pier Cesare Rivoltella, direttore CREMIT e presidente SIREM, per trattare di Media Literacy e Cittadinanza Digitale: il ruolo della scuola.
Ricordiamo che è possibile iscriversi al corso (22 ore di attività, di cui 10 ore di laboratorio con attestato finale, previa compilazione del foglio firme al termine di ogni incontro) compilando il modulo al seguente indirizzo: http://accorcia.to/1juq. Coloro che visualizzeranno la registrazione e poi si iscriveranno al corso entro il prossimo appuntamento potranno concorrere per ottenere l’attestato finale; chi invece visualizzerà senza iscriversi non potrà avere riconoscimenti formali.
Riportiamo qui alcuni passaggi salienti del primo appuntamento del corso proposto a partire dall’intervento del professor Rivoltella.
Cosa può fare la scuola oggi in tema di cittadinanza digitale?
È importante rivolgere tale argomentazione verso tre direzioni:
- Riflessione sul costrutto di cittadinanza digitale
Cosa significa parlare di cittadinanza digitale oggi? Viviamo in una società mediatizzata che denota una diffusione e presenza assolutamente pervasiva dei media nelle nostre attività fondamentali. Tale presenza viene ricondotta a tre aspetti:
- Essere parte integrante della nostra memoria;
- Essere parte integrante del nostro modo di costruire, ricercare e condividere conoscenza;
- Essere parte integrante attivare e mantenere le relazioni.
Questa presenza culturale dei media si rivela assolutamente significativa, sebbene essa sia sempre meno visibile, perché i media in questa società si mimetizzano all’interno di altri oggetti di altro consumo. La società della mediatizzazione è, dunque, una società in cui i media sono sempre meno ingombranti nella loro materialità, perché vanno inserirsi all’interno di altri oggetti. Come? Anteponendo un oggetto che viene reso smart proprio dalla presenza di un chip e da una connessione alla rete.
Il tempo della mediatizzazione è un’età in cui la medialità ci costituisce, nel senso che qualsiasi attività svolta ci porta a lasciare traccia del nostro passaggio a titolo informatico fino a ridefinire la nostra identità: si parla, infatti, di un “io quantificato o quantificabile”; noi siamo i nostri dati, siamo i dati che rappresentiamo per le nostre imprese di comunicazione.
Quali fenomeni connessi a queste riflessioni?
- La datificazione. Essa ha a che fare con la presenza oggi di un sistema di mercato ricondotto ai nostri dati, che ricostruisce il nostro sistema di valori per proporci dei comportamenti (di acquisto, ricerca, ecc.). La datificazione viene intesa come un fenomeno che, guidato da un algoritmo digitale, ci suggerisce che gli algoritmi siano utili per sopravvivere. Quale rapporto tra libertà e controllo? Viene suggerita la lettura del testo Il capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff (2019).
- La post-verità. Un fenomeno legato alle fake news, che ci richiedono un riconducimento alla realtà di cui quella notizia è notizia per validarla. Questo rapporto tra l’informazione e il suo referente, però, nella nostra società non è più così facilemente verificabile: la fake-news sostituisce il riferimento alla realtà con il suo potere emozionale e la sua capacità di dimostrare ciò che la gente crede. Questi fenomeni richiedono al nostro pensiero critico di “alzare l’asticella” e coltivare la nostra consapevolezza critica all’interno di questo orizzonte.
- L’autorialità. I media sociali sono autoriali: attraverso i media noi produciamo messaggi e li pubblichiamo senza mediazione. Quale, dunque, autorialità per l’oggi?
2. Il ruolo della scuola
Il ruolo della scuola è, per il professor Rivoltella, riconducibile a due funzioni:
- Insegnare gli alfabeti. I media di per sé non sono auto-alfabetizzanti, è per ciò necessario conoscere e far conoscere i linguaggi che ne stanno alla base;
- Istruire per la democrazia vs istruire per il profitto. Istruire per il profitto significa preparare gli studenti per il mercato, per il mondo del lavoro, quindi insegnare precocemente l’informatica per favorire l’adattamento e, in futuro, di fare profitto e dire la sua. Cosa vuol dire, invece, istruire per la democrazia? Significa istruire per il pensiero posizionale, ovvero educare a guardare le cose dal punto di vista degli altri per sviluppare una cultura della valorizzazione dell’altro, un agire inter-culturalmente educato in cui la diversità è un arricchimento e non una minaccia.
3. Come la scuola esercita questo ruolo? In quali spazi?
Quali spazi sono occupati nel curricolo scolastico?
Due indicazioni:
- La necessità di fare riferimento alle Indicazioni Nazionali (documenti del 2012 e del 2018), che vedono la presenza trasversale della media literacy all’interno di diverse discipline (italiano, tecnologia, linguaggi espressivi) col fine di promuovere senso critico, responsabilità, senso estetico; per educare al bello, che è l’anticamera del buono, è necessario anche educare al brutto per apporre una riflessione critica in merito.
- La necessità di fare riferimento alla normativa sull’educazione civica proposta su tre pilastri:
- Costituzione
- Sostenibilità (coscienza ecologica)
- Cittadinanza digitale
Nella scuola è possibile far coesistere curricolo trasversale e curricolo disciplinare.
E i contenuti?
A partire dal gennaio 2017, rintracciabile sul sito di Generazioni Connesse, è possibile ritrovare il Sillabo di educazione civica digitale, che propone cinque grandi aree di cui si può ritenere consistere la cittadinanza digitale:
- Internet ed il cambiamento in corso. Architettura, diritti, ecologia;
- Educazione ai media. Orientarsi e comportarsi in una società mediatizzata;
- Educazione all’informazione. Cercare, analizzare e utilizzare correttamente l’informazione;
- Quantificazione e computazione: dati e intelligenza artificiale. Capirne il ruolo, il valore, i rischi, le implicazioni;
- Cultura e creatività digitale. Stare in Rete è anche un atto culturale.
Per approfondire: