Riportiamo l’intervista a Stefano Pasta, uscita sabato 5 dicembre sul Corriere della Sera.
Perché l’ambiente digitale funziona da cassa di risonanza per fenomeni legati all’incitamento all’odio? Stefano Pasta asserisce sostenendo che ciò avviene a causa dell’instant messaging, che provoca un sovraccarico informativo ed aumenta il pensiero di tipo 1, intuitivo e veloce, a scapito del pensiero 2, lento e riflessivo. Si agisce quindi in modo deresponsabilizzato, i contenuti vengono banalizzati e chiunque può esprimersi su qualsiasi cosa.
C’è un legame tra espressione di odio in rete e manifestazioni di violenza nel Paese? Vivendo all’interno di un contesto onlife, come sostiene Luciano Floridi, tutti i dispositivi mobili sono il prolungamento del nostro corpo e vi è un continuo scambio tra online e offline. Vi è, dunque, un pieno rimando tra quello che viene detto nella sfera pubblica social e quello che avviene nelle piazze.
Come si può arginare tutto questo ed “educare” all’uso della razionalità e della consapevolezza? La vera sfida, ci insegna Stefano Pasta, risiede nel «fare educazione civica digitale, insegnare a rifiutare il pensiero conformista e valorizzare quegli “anticorpi della rete”, attivisti abili nel portare avanti una contro-narrazione di contrasto con le informazioni errate e le ondate d’odio».
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