di Marco Rondonotti
La speranza e la prova del tempo è il titolo dell’ebook scritto da Pier Cesare Rivoltella per la collana “L’arca di Scholé” (disponibile al link), un’ idea editoriale di Morcelliana che in questo tempo di emergenza sanitaria desidera offrire brevi saggi, capaci di aprire lo sguardo del lettore al futuro che ci aspetta.
Il lavoro del prof. Rivoltella è dedicato alla speranza, un sentimento e una dimensione dell’esistenza che appartiene a diversi momenti di vita, che tocca da vicino ogni vicenda umana. Il percorso tracciato dall’autore si apre proprio cogliendo gli elementi costitutivi della speranza, andando a individuare in essa tre grandi istanze: “una prova che si vorrebbe superare, il desiderio di qualcosa che manca, l’illusione di un futuro migliore”. Queste sono tre figure che possono definire quella fenomenologia della speranza che nello sviluppo del testo troverà tre possibili declinazioni.
La prima è quella del desiderio e dell’attesa che investono la percezione del tempo e la sfera delle emozioni, fino a esprimere una forte dialettica tra la pressante spinta ad anticipare il più possibile la soddisfazione di una mancanza percepita e il piacere della trepidazione che separa dal suo stesso compimento. Così, mentre nel corso della nostra esistenza sentiamo di essere fortemente attratti da nuovi traguardi da realizzare, allo stesso tempo è la speranza che ci “sorregge, consola, incoraggia”.
La seconda declinazione chiama in gioco l’illusione e la nostalgia, che per Kierkegaard denunciano l’incapacità di sostenere il presente e la conseguente tentazione di fuggire in avanti, aspettando che qualcosa possa accadere e così migliorare le cose. In questo senso, la speranza è un’illusione che si esprime a tre livelli: quello personale, quello storico e infine quello metafisico. Ed è proprio il confrontarsi con il tentativo del rovesciamento dello “stato ideale” dalla trascendenza all’immanenza che rivela ancora una volta la necessità di una speranza che è “espressione di una ontologia del non-essere-ancora”.
Si apre dunque una terza possibilità di declinare la speranza, vale a dire come “resistenza e fede”; oltre a essere un sentimento, la speranza è una virtù e come tale definisce la disposizione dell’uomo ad agire coerentemente con i propri valori etici, compiendo sempre scelte volte al bene. Nella tradizione cristiana, essa è una delle tre virtù teologali che hanno la capacità di aprire la persona alla dimensione del trascendente, suggerendo atteggiamenti che compiono l’umanità di chi li mette in pratica, proprio quanto è successo a Dietrich Bonhoeffer. Come annota Rivoltella, la testimonianza del teologo luterano ci permette di comprendere che l’autentica speranza non può essere generata da un momento estemporaneo, ma richiede costanza; la speranza infatti è “la capacità di resistere, è sperimentare comunque la pace a convincere l’uomo che alla fine il male non avrà il sopravvento”.
Nel breve spazio di poche pagine, il percorso lungo il quale ci conduce l’autore è uno di quelli che ha la forza di mettere in movimento il lettore. Certamente questo avviene nella direzione della ricerca personale di quali siano le proprie speranze, se siano in grado di toccare e accendere quell’intimo punto di incandescenza dell’anima che è capace di dare senso a un’esistenza intera. Lo stesso racconto posto a conclusione del breve saggio ci interroga sul coraggio di metterci in gioco costantemente per lasciare le certezze dei tanti “porti sicuri” e così prendere il largo verso gli incontri e le grandi storie che danno vita.
Poche battute prese in prestito dal Premio Nobel per la letteratura Josè Saramago per condurre il lettore a identificarsi con il protagonista del racconto, un uomo preso da una costante tensione al superamento e spinto verso l’infinito. E attraverso la sua vicenda si giunge alla consapevolezza che la nostra salvezza la si trova nello sguardo dell’altro, quando ci accorgiamo della bellezza che abita gli occhi di chi ci sta accanto. Ed è allora che si prende la decisione di dare forma al proprio desiderio, di rendere storia il proprio sogno, una storia tutta da colorare con le tinte delle proprie risorse. Forse non è un caso che, nelle parole del racconto dello scrittore portoghese, a incarnare una speranza capace di farci trovare noi stessi sia ancora un’imbarcazione, esattamente come lo è l’arca che da il nome all’intera collana di Scholé.