Per il quinto anno consecutivo prosegue la collaborazione tra Ufficio della Comunicazioni sociali della Cei e il Cremit in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. I due direttori curano un testo in cui diversi studiosi approfondiscono il Messaggio del papa dal proprio sguardo professionale. Il volume è arricchito da strumenti per aiutare famiglie, operatori pastorali ed educatori a declinare nella pratica pastorale il messaggio stesso.
Pubblichiamo l’Introduzione dei due curatori, Vincenzo Corrado (direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei) e Pier Cesare Rivoltella (direttore del Cremit) del libro di ‘‘Morcelliana-Scholé”, quest’anno il tema “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia”.
“Una brutta storia!”. “Quante storie…”. “Che storia!”. Poche parole nella lingua italiana ricoprono tanti significati. Una vicenda incresciosa, capricci da bambini viziati, un’incredibile avventura. E si potrebbe continuare. Il tratto comune a tutte queste espressioni, quanto all’uso del termine storia, è che alludono a un racconto. Le storie vengono raccontate, sono il risultato di un’attività narrativa.
Il raccontare, lo storytelling (per utilizzare un termine più aggiornato e oggi molto di moda), è qualcosa di strutturale rispetto alla comunicazione mediata. Vale per i media tradizionali, come per i media digitali e sociali. Sono racconti i testi del feuilleton ottocentesco, i servizi dell’informazione stampata e televisiva, gli sceneggiati televisivi (e oggi le serie che hanno decretato l’affermarsi del fenomeno Netflix).
Sono racconti quelli del cinema, da quando Georges Méliès lo “reinventa” come macchina narrativa, dopo che i fratelli Auguste e Louis Lumière lo avevano scoperto come dispositivo scientifico: la differenza che passa tra L’uscita dalle officine Lumière (La Sortie de l’usine Lumière à Lyon, 1895) oppure L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (L’Ar-rivée d’un train en gare de La Ciotat, 1896) e Viaggio nella Luna (Le Voyage dans la Lune, 1902) è, appunto, quella che separa il cinema come macchina per vivisezionare il reale e riprodurre il movimento, dal cinema come macchina per dar corpo all’immaginario dello spettatore.
Sono, infine, racconti quelli del web e dei social. Si è dato un’organizzazione “storica” Facebook, consente di produrre storie Instagram, raccontano a diverso titolo i video di YouTube, da sempre hanno una vocazione narrativa i blog.
Tutti questi racconti hanno svolto (e ancora svolgono) diverse funzioni. Una prima funzione è di sicuro personale. Raccontare grazie alle parole o alle immagini significa offrire al proprio destinatario un’opportunità di proiezione e di identificazione, e facendo questo allo stesso tempo raccontarsi. È una disposizione strutturale dell’animo umano quella a mettersi in scena, a offrirsi allo sguardo degli altri. Non è solo una questione di narcisismo, di ricerca di popolarità; è soprattutto la ratifica della strutturale trascendenza dell’uomo, del suo non essere fatto per rimanere in se stesso, del suo naturale andare verso l’altro.
Una seconda funzione è quella sociale. Raccontare serve a condividere storie, individuando quel che accomuna più che quel che separa. Un popolo ha sempre i suoi racconti, una comunità le sue narrazioni. È ciò che definisce un luogo, avere una storia. È quel che garantisce il riconoscimento e l’appartenenza in un’epoca in cui, invece, prevalgono piuttosto i non-luoghi, spazi senza nome e senza identità che si ritrovano identici in ogni parte del mondo, come capita per le catene di fast food, aeroporti e stazioni, negozi griffati. I racconti sono per il luogo e la comunità che lo abita i sintomi di una traiettoria, lo spazio per dei ricordi condivisi, l’occasione per incontrarsi e riconoscersi. È interessante, da questo punto di vista, che grazie ai social interi quartieri, caduti nella spersonalizzazione e nell’anonimato delle relazioni, stiano ritrovando un’identità e si stiano ricostruendo come reti di rapporti. Una terza e ultima funzione ha a che fare con l’annuncio, la testimonianza, la presenza pastorale. Si tratta di una funzione topica che viene sollecitata dal Messaggio che il Santo Padre ha dettato per la 54a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. L’annuncio, già nella Bibbia, assume la forma del racconto: è un racconto la creazione, sono racconti i libri storici, raccontano i Profeti, racconta Gesù attraverso le parabole. Certo, un motivo di questo va cercato nel profilo dei destinatari della Parola: popoli che vivono in regime di oralità e che fissano nello scritto quel che si tramandano solo poco per volta.
Ma non solo. Il racconto dice di un modo dialogico e diacronico di entrare in rapporto; quando ci raccontiamo delle storie ci prendiamo del tempo, diamo durata alla nostra relazione, collochiamo in un divenire storico i fatti e le situazioni. Il modo attraverso cui Dio ha costruito e costruisce la Sua storia con noi non poteva che essere narrativo: è tipico di un Dio che non si accontenta di creare tutto e poi di lasciare che tutto esista senza di Lui, ma che concepisce il Suo rapporto con l’uomo in termini dialogici e temporali.
Il raccontarsi di Dio all’uomo è una relazione che si costruisce nel tempo e che si orienta all’eternità. «Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri». Sul tracciato delle parole di papa Francesco, percorrendo i sentieri e i rivoli del suo Messaggio, “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2).
Indice
Gli autori
Papa Francesco «Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2) La vita si fa storia
Vincenzo Corrado – Pier Cesare Rivoltella, Introduzione
Commenti di:
Liliana Segre, Memoria: le cose e le parole
Marko Ivan Rupnik, Lo sguardo dalla fine
Vincenzo Corrado, La medicina della memoria. Il balsamo dell’ascolto
Paolo Ruffini, Un altro cammino
Fausto Colombo, Salvare la memoria nell’era dei social media
Adriano Fabris, Narrazione e memoria nell’epoca delle ICT
Vania De Luca, Per amor di verità
Pier Cesare Rivoltella, Per una pedagogia della narrazione
Strumenti per l’uso pastorale del Messaggio di:
Stefania Careddu, Alessandra Carenzio, Elisa Farinacci, Massimo Giraldi, Eleonora Mazzotti, Sergio Perugini, Stefano Proietti, Marco Rondonotti, Saverio Simonelli
Per approfondire segnaliamo:
Raccontiamo il bello che ci abita. Commento di don Marco Rondonotti
https://www.cremit.it/raccontiamo-il-bello-che-ci-abita/
GMCS 2019: https://www.cremit.it/libro-il-commento-al-messaggio-del-papa-curato-da-rivoltella-e-maffeis/
GMCS 2018: https://www.cremit.it/libro-fake-news-e-giornalismo-di-pace/
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