Durante il convegno “Educazione, apprendimento e nuove tecnologie”, svoltosi a Fiera di Primiero (TN) il 9 maggio 2015, Pier Cesare Rivoltella ha esposto “dieci tesi” in cui si affrontano temi e problematiche da sempre dibattuti ma mai abbastanza chiariti.
- Media Education e Education Technology — L’Education Technology è la didattica che fa uso delle tecnologie e considera i media digitali come supporto alla mediazione nei processi di insegnamento e apprendimento. La Media Education invece è qualcosa di propedeutico alla prima, in quanto lavora sui linguaggi mediali in genere (che ora sono comunque digitalizzati), considerati come artefatti culturali rispetto ai quali sviluppare pensiero critico e responsabilità;
- La logica dei consumi culturali non corrisponde a aut aut, ma a et et — Le tecnologie non sono sostitutive, ma integrative. Più che fattore di discontinuità, bisogna considerare il digitale come una ri-mediazione della realtà, cioè a una riconfigurazione in un’altra chiave degli elementi della realtà quotidiana. Il digitale non sostituisce niente, ma arricchisce le nostre possibilità di intervento nel reale;
- Non sono i media che fanno cose agli studenti, ma sono gli studenti che fanno cose con i media — Più che le tecnologie, ciò che conta sono le pratiche. Il rischio non è quello del determinismo tecnologico, ma quello del modellamento sociale;
- Rapporto tra formale e informale — L’informale, oggi, è fatto di tecnologie. Le nostre esistenze sono permeate dal digitale, che media le nostre conoscenze, la nostra rappresentazione e consapevolezza del passato e le nostre relazioni. Tutto ciò implica grandi rischi, ma anche grandi possibilità, che sta a noi equilibrare. Rinunciare però alle tecnologie, significa per la scuola rinunciare al suo compito, che è aiutare i soggetti all’interpretazione della cultura;
- I media digitali e sociali sono soprattutto macchine autoriali — Sono cioè cose con cui si possono fare altre cose: valorizzarle a scuola significa portare in classe la dimensione laboratoriale, quindi mettere al centro l’apprendimento per scoperta;
- I media sono anche un curriculo — I media non sono solo strumenti, che devono essere utilizzati in classe, ma sono anche una competenza di base necessaria: per cercare e selezionare informazioni, per collaborare e cooperare; per gestire le relazioni, gestire il tempo, gestire il rapporto con i contenuti. Per condividere e pubblicare. Tutte competenze di base a prescindere dai media sociali, ma che questi rendono indispensabili;
- Non abbiamo bisogno di creare nuovi contenuti digitali — Ce ne sono già abbastanza, e di qualità. Le esperienze di self publishing a scuola non hanno senso, dal momento che gli editori hanno già elaborato contenuti validi, di qualità e in abbondanza. La questione è piuttosto selezionarli e aggregarli, commentarli e renderli utilizzabili didatticamente. Qui è lo spazio in cui può e deve inserirsi l’insegnante;
- Le applicazioni disponibili non sono utili senza una cornice pedagogica — Senza un framework metodologico, l’applicazione è pura strumentalità. Oltre alla cornice pedagogica, c’è il metodo che funziona come organizzatore professionale. Misurare e quantificare l’efficacia dell’uso delle tecnologie nella didattica è quasi impossibile: l’unico modo è cambiare le pratiche professionali attraverso la tecnologia;
- Il gioco del “noi” e “loro” — Affermare che i “nativi digitali” (che non esistono) siano già in possesso delle competenze digitali, significa ignorare che la loro è solo una confidenza tecnologica, da trasformare in consapevolezza tecnologica;
- Tradizione e innovazione — Si pensa da sempre che siano due concetti antitetici, ma non è così. L’unico modo che la scuola ha per salvaguardare la tradizione, è innovare.