Generazioni Connesse, insieme ai partner che lavorano al progetto (EDI, Save the Children Telefono Azzurro, CREMIT), ha da poco rilasciato un nuovo Kit Didattico rivolto alle scuole dall’infanzia alla secondaria di secondo grado.
Si tratta di uno strumento rivolto a tutte le Istituzioni scolastiche, a partire dalla scuola dell’infanzia, per affrontare i temi legati alla saggezza digitale (Prensky) e alla cittadinanza digitale. In che modo? Attraverso un lavoro teorico e pratico in cinque aree:
- il cambiamento originato dalla convergenza tra tecnologie digitali e connettività;
- l’educazione ai media;
- l’educazione all’informazione;
- le implicazioni della quantificazione e della computazione;
- la creatività digitale.
I materiali didattici si fondano su di un riferimento importante, l’impronta del CREMIT, ovvero sul metodo EAS – Episodi di Apprendimento Situato – che incontra il DigComp 2.1, il quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini e gli otto livelli di padronanza. Per questo motivo, immaginando di rivolgerci a tutti i docenti e non solo a quelli che lavorano per EAS, è stata costruita una nota metodologica precisa, che presenta il metodo e che consigliamo di leggere in apertura:
“la scelta di impostare il lavoro didattico sul metodo EAS, a partire dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria, si colloca all’interno di due considerazioni. La prima riguarda una scelta di campo, da parte del network che si è raccolto attorno alla costruzione del kit didattico, rispetto al metodo. Il metodo EAS nasce nel 2013 a partire dalla riflessione del prof. Rivoltella, direttore di CREMIT, e via via ha contaminato molti ricercatori, molti insegnanti e altrettanti educatori nei diversi contesti (…).
La seconda considerazione è di ordine didattico e metodologico: in questi anni il metodo ha dimostrato la sua robustezza sul campo, soprattutto perché è basato sul costrutto di competenza”.
Le cinque aree, corrispondenti al Sillabo per l’educazione civica digitale che tutti conosciamo, attraverso le schede predisposte come canovaccio, consentono di lavorare sulle competenze e, quindi, sull’intreccio tra le discipline e le proposte dei singoli insegnanti, immaginati come “squadra”.
Per ognuna delle cinque aree sono stati immaginati alcuni approfondimenti teorici curati da CREMIT (schede contenutistiche di matrice tematica, per fare il punto, chiamate pillole) e schede operative curate da tutti i partner sotto la supervisione metodologica di CREMIT, adattandole alle proprie esigenze specifiche (il numero di alunni, il percorso pregresso, le scelte operate con i colleghi, il gruppo classe).
La logica è chiara: posso ripensare alla tematica, avendo una pillola teorica di riferimento o più pillole, progettare la mia lezione usando le schede, usarle in maniera puntuale oppure adattarle alla classe lavorando sulle competenze e sulla connessione tra formale e informale, scuola e cultura mediale “popolare”.
E’ necessario poi evidenziare come sia importante partire dalla scuola dell’infanzia, per troppo tempo lasciata sullo sfondo pensando ai bambini come troppi piccoli e, in questo senso, pensando ai percorsi media educativi come troppo precoci. Non è così, i bambini più piccoli possono approcciarsi ai temi del digitale con modalità e forme traspositive adeguate, per costruire un pensiero critico, riflessivo e produttivo adeguato all’età. Il kit, inoltre, non è statico: un gruppo di docenti, guidati da CREMIT, sta già lavorando sulla creazione di nuove schede operative, a cura degli insegnanti, e di nuove pillole tematiche.
Per fare un esempio, l’area dedicata all’educazione ai media prevede quattro pillole dedicate alla cyberstupidity, all’hate speech, alla gestione della comunicazione nei social e alla new media education, accompagnate da altrettante schede operative. La teoria serve ai docenti per fondare la pratica e interfacciare i materiali con le riflessioni teoriche, non certo per proporle ai bambini (semmai possono essere oggetto di studio da parte dei ragazzi della secondaria di secondo grado.), nella logica dell’insegnante come “professionista incompiuto” (Rivoltella ne parla nel testo “Un’idea di scuola”)
Chiudiamo con un battuta che prendiamo dalla nota metodologica:
“Se vogliamo lavorare sulla costruzione di competenze digitali, nelle sue tre direzioni (critica, estetica ed etica), il metodo EAS si presta a incontrare l’esigenza di mettere in pratica i concetti, di sperimentarsi e non semplicemente di ascoltare una lezione. Serve, per essere competenti, lavorare operativamente e il sillabo, nella cornice dell’educazione civica digitale, si muove in quella direzione”.
Per info: https://www.generazioniconnesse.it/site/it/kit-didattico/
Per approfondire: