L’esperienza del Favela Virtual Study Tour: tra attivismo ed educazione

di redazione

L’esperienza del Favela Virtual Study Tour: tra attivismo ed educazione

L’esperienza del Favela Virtual Study Tour: tra attivismo ed educazione


di Giorgia Mauri

Il 28 marzo nella sede Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano si è tenuto il seminario Favela Virtual Study Tour: tra attivismo ed educazione, organizzato dal Corso di Laurea Magistrale in Media Education della Facoltà di Scienze della Formazione.

L’incontro si è configurato come un momento di riflessione sui temi della museologia sociale, dell’artivismo e del ruolo educativo dei media digitali, in un dialogo tra esperienze locali e prospettive globali.

A introdurre e coordinare il seminario è stata Isabella Rega, full professor in Digital Media for Social Change per la Facoltà di Media and Communication all’Università di Bournemouth e visiting professor del corso di Information Literacy, tenuto da Stefano Pasta.

La professoressa Rega ha accolto al seminario Marcia Souza, fondatrice e coordinatrice del centro visite del Museu du Favela (Museo delle Favela) di Rio De Janeiro (Brasile) – il primo museo territoriale e vivente al mondo dedicato alla memoria delle favelas e al patrimonio culturale dei suoi residenti – con l’obiettivo di riflettere sul ruolo trasformativo della museologia sociale e sulla funzione che le tecnologie digitali assumono nel contesto museale.

Il Museu du Favela nasce nel 2008 a sud della città di Rio de Janeiro ed è situato ai piedi della Pedra do Cantagalo (Montagna del Cantagallo) in un quartiere che si estende su un’area di circa 12 ettari abitata da oltre circa 20mila persone, tutte residenti al numero civico 200. 

Il museo nasce con l’obiettivo di far conoscere il patrimonio della città; raccontare la storia dell’occupazione di questo luogo; narrare la storia delle persone e della loro cultura nel percorso di occupazione del territorio. È definito un “museo vivo”: un museo che non colleziona oggetti, ma che conserva e valorizza la memoria della comunità, rendendo protagonisti gli abitanti stessi. Ecco perchè “vivo”, perchè il museo e le sue narrazioni mutano in base alle trasformazioni che la comunità dei residenti assume.

Il museo si visita percorrendo un circuito a cielo aperto che attraversa la favela seguendo dei murales realizzati da artisti locali che sorgono sulle varie case della favela.

Ciascun murale racconta la storia degli abitanti della favela, dal percorso di occupazione del quartiere, alle vicende dei singoli abitanti o famiglie residenti.

Nel suo intervento, Marcia Souza ha voluto raccontare le storie rappresentate sui murales, immergendo il visitatore in una narrazione che, senza la coesione tra le immagini virtuali e le sue parole, sarebbe stata inaccessibile. Ha raccontato dei volti raffigurati all’entrata del museo che mostrano la storia dell’occupazione di quel territorio a partire dal 1800, dagli indigeni, agli schiavi, all’immigrazione dei popoli del nord-est del Brasile.

Si è soffermata sulla figura di Donna Ciccina, una delle residenti storiche della favela, che si dice sia vissuta fino all’età di 108 anni.

Ha poi raccontato delle manifestazioni culturali che hanno caratterizzato e caratterizzano ancora oggi la favela: dalla musica, alla capoeira, alle influenze del hip hop nord-americano.  Per poi omaggiare un’altra donna residente nella favela, Julia, che ogni giorno trasportava l’acqua in testa per un chilometro per le vie della favela fino a casa.

Questa narrazione tra le case del territorio ha voluto sfidare la rappresentazione mainstream della favela come luogo di violenza e privazione per rivelare, al contrario, un luogo di crescita e accudimento per chi ha potuto studiare e fare ritorno alla favela per raccontare della sua storia.

La visita virtuale, condotta da Marcia Souza, ha permesso di sperimentare in prima persona l’approccio della museologia sociale, i cui criteri si riconoscono ne: il binomio spettatore-produttore che caratterizza gli abitanti della favela, i quali fruiscono del museo a cielo aperto che hanno creato loro stessi; la natura educativa e libertaria delle narrazioni alternative rappresentante attraverso i murales; il principio della future literacy, la capacità di immaginare diversi scenari futuri possibili.

A partire proprio dalla museologia sociale sono tre i movimenti che generano quello sguardo inedito che appartiene allo spettatore che per la prima volta è immerso nel Museu du Favela.

In primo luogo, il concetto dell’Affective Turn (svolta affettiva), un nuovo modo di ripensare alla dimensione educativa come a qualcosa che non può prescindere dalla dimensione relazionale. Secondariamente, il concetto di Artivismo, un’azione che combina l’effetto dell’attivismo con l’affetto dell’arte. Infine, la Media Literacy, l’opportunità di agire dentro e attraverso il digitale con consapevolezza, responsabilità e resistenza.

In tal senso, si configura una nuova prospettiva che ha a che fare con la Cittadinanza Onlife, un’azione che tende alla dimensione collettiva della giustizia sociale, oltrepassando la dimensione individuale del benessere sociale.

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