di Matteo Rigamonti, giornalista e studente del Master in Media Education Manager (Mem)
Un’idea di scuola – che è anche il titolo dell’Eas Day 2019 – non si può improvvisare ma è sempre il frutto di anni di esperienza sui banchi. Nonché di un’efficace progettazione da parte della comunità di docenti, realmente attenta alla concreta situazione dei ragazzi che ad ogni suono di campanella si trovano di fronte. Siano essi bambini della primaria con gli occhi sgranati o giovani adolescenti che alle superiori si affacciano sulla soglia della vita adulta. Camilla Zabaglio, dopo anni di docenza alle scuole elementari, di cui gli ultimi spesi come facente funzioni del dirigente grazie a un distacco dall’insegnamento, prima di approdare al Cremit, ha vissuto questo compito classe dopo classe accumulando esperienze che oggi mette a servizio della formazione in ateneo. Una trafila di progetti tra i quali spicca l’Eas Day, il momento che il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Innovazione e alla Tecnologia (Cremit) dedica alla riflessione sulla metodologia degli episodi di apprendimento situato, teorizzati dal professor Pier Cesare Rivoltella, pratica innovativa di didattica scolastica. A lei, che di questa giornata è la memoria storica, abbiamo chiesto di raccontare in che cosa consiste, con un affondo sull’utilità dell’inserimento delle competenze digitali all’interno della didattica tradizionale. Ecco cosa ci ha risposto.
Alla vigilia della sesta edizione dell’Eas Day (che si terrà il 25 ottobre 2019 a Brescia clicca qui per il concorso) è possibile fare un bilancio dell’attività svolta?
Difficile fare un bilancio esaustivo, ma possiamo provare a tracciare qualche linea di risposta. E per rispondere alla domanda occorre innanzitutto partire dall’osservazione di cosa hanno imparato docenti e dirigenti scolastici lungo tutto questo tempo. La prima evidenza in tal senso è il valore aggiunto dell’Eas Day rispetto all’impegno profuso dal Cremit per disseminare questa nuova metodologia tra i banchi di scuola. Una metodologia che vuole affinare le pratiche didattiche cercando di fare sintesi tra teoria e prassi. Questo è l’obiettivo finale dell’Eas e l’Eas Day è ancora il momento più adatto per ragionare in questi termini.
Un’occasione per fare insieme sintesi e nuove proposte?
Sì è vero. Anche perché l’intenzione iniziale di chi ha dato il via all’Eas Day, nello specifico il prof Pier Cesare Rivoltella (che è anche direttore della rivista Essere a scuola, edita da Morcelliana, il cui numero di ottobre si apre con un editoriale dedicato proprio a come Lavorare con gli EAS a scuola), è stata fin da subito quella di affrontare la metodologia Eas secondo varie prospettive: l’impostazione del metodo, le competenze, la valutazione, la didattica inclusiva, il curricolo. Ogni edizione ha di fatto approfondito una tra queste tematiche contribuendo ad aggiungere consapevolezza e conoscenza; oltre ad aver offerto a chi opera nella scuola la possibilità di condividere materiali e riferimenti teorici. E tutto ciò ha una grande valenza dal punto di vista della didattica e della pratica educativa.
Parlando di competenze, perché quelle digitali sono diventate così centrali?
Premesso che un Eas si può svolgere anche senza l’ausilio della tecnologia digitale – e questo non dobbiamo mai dimenticarcelo –, è chiaro che, vivendo noi in un contesto che ci trova profondamente immersi nel digitale, anche le nuove tecnologie possono venire in nostro aiuto. Del resto, è solo mettendo in contatto alunni e docenti con le nuove tecnologie, gli strumenti e le applicazioni che ne derivano, che possiamo ambire a formare un approccio prudente e critico nonché a infondere una maggiore sensibilità verso un utilizzo responsabile.
Come vanno inserite, con efficacia, le competenze digitali all’interno di un curricolo?
Il primo aspetto è vedere se servono. Potrà sembrare una considerazione banale, ma non lo è affatto. A volte, una lezione frontale può essere più efficace per raggiungere un determinato obiettivo didattico e funzionare meglio di una app. Poi occorre valutare se i dispositivi progettati sono altrettanto efficaci e stabilire come inserirli nel curricolo in modo tale che rappresentino un valore aggiunto nell’ambito della programmazione didattica nella sua interezza. Certo è che il digitale, dalla corretta navigazione all’utilizzo delle app, fa ormai parte del bagaglio di professionalità che un docente deve essere in grado di gestire se vuole rendere più efficace la didattica in determinate situazioni.
Perché è importante la valutazione delle competenze acquisite?
La valutazione è un momento importantissimo in ogni tipologia di percorso didattico e nell’Eas assume una rilevanza se possibile ancora maggiore, dal momento che non viene fatta soltanto alla fine del percorso ma durante tutto il suo svolgimento. Negli Eas, infatti, si parla di valutazione diffusa, che è una soluzione molto efficace per valutare le competenze acquisite dall’alunno, non soltanto quelle digitali.
Di quale terreno ha bisogno una metodologia didattica come Eas per attecchire?
Il contesto è importante, a partire dal rapporto con le famiglie degli studenti. Così come è importante che ci sia da parte dei docenti una spinta a sperimentare pratiche didattiche innovative. Non basta che siano il dirigente o il consiglio scolastico a calarle dall’alto. Per realismo occorre dire anche che non si può nemmeno pretendere che tutti i soggetti coinvolti nell’educazione dei giovani si mettano automaticamente in gioco. Ma che ci sia un gruppo di persone sensibili alla tematica è fondamentale.
Una scuola moderna può fare a meno di innovare la didattica?
L’Eas – questo sia chiaro – è una metodologia didattica al fianco di altre che hanno la medesima dignità all’interno dell’ambiente scolastico. E il punto non è tanto sperimentare nuove pratiche o tecnologie semplicemente per fare una scuola che possa fregiarsi di essere “moderna”. Una scuola moderna, piuttosto, deve preoccuparsi di avere una didattica efficace; ma chi si vuole rendere protagonista di un percorso educativo efficace dovrebbe, a mio avviso, quantomeno valutare l’ipotesi se sperimentare alcune pratiche didattiche innovative in relazione a determinate esigenze poste dagli studenti di oggi.
La scuola non può vivere come se internet e il digitale non esistessero. Ma perché dovrebbe occuparsene all’interno della didattica?
Perché è il contesto sociale nel quale tutti stiamo vivendo: siamo immersi nel digitale e questo può comportare vantaggi e svantaggi. Scopo principale di chi vuole occuparsi del digitale a scuola deve essere l’utilizzo critico e responsabile di strumenti che devono essere maneggiati con cura e sicurezza. Il problema grosso che riguarda la scuola è che la maggior parte del corpo docente è ancora poco sensibile e formato sull’argomento; dunque il digitale viene di fatto messo da parte perché non si sa bene come utilizzare le risorse che mette a disposizione la rete o perché di questo vengono considerati soltanto gli aspetti puramente sperimentali. Ma non è utilizzando Word che si promuove l’uso consapevole del digitale.
Cosa possiamo dire del rischio opposto, quello di una eccessiva pervasività del digitale nelle vite dei ragazzi?
La prudenza, come spiega bene Rivoltella nel suo libro “La virtù del digitale”, è un valore che deve ispirare sempre l’azione di chi si occupa di didattica e digitale. Ci mancherebbe che non fosse così. Ma la prudenza non ci deve impedire di guardare avanti, non ci può precludere di fare passi in un aspetto delle nostre vite che procede in modo quasi inesorabile. E rispetto al digitale, all’utilizzo che i ragazzi già fanno della rete e di tutto ciò che in essa trovano, di buono oppure no, non possiamo non constatare che il contesto scolastico (e non soltanto quello) si trova purtroppo spesso un passo indietro rispetto al contesto sociale. La prudenza, dunque, deve essere praticata, ma in modo positivo, non può indurci a una passività.
Come si immagina la scuola dei prossimi dieci anni?
Stante la velocità dei cambiamenti nell’attuale contesto sociale non saprei proprio immaginarlo, ma mi auguro che diventi sempre più uno spazio educativo vero, inclusivo e nel quale la realtà entri ogni giorno ed entrando riesca a contribuire alla formazione di buoni cittadini. Da questo punto di vista ciò che conta innanzitutto è la forza lavoro che anima la scuola, il corpo docenti in primis, che hanno l’obbligo e il dovere di essere sempre adeguatamente formati, motivati e ben pagati per il prezioso compito che hanno nel percorso educativo dei nostri figli.
Di seguito alcuni articoli dalla stampa e online:
1) Intervista a Pier Cesare Rivoltella su Brescia Oggi del 20 OTTOBRE 2019
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2) Articolo di Pier Cesare Rivoltella sul Giornale di Brescia del 23 OTTOBRE 2019
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5) Leggi l’articolo su Quibrescia.it del 22 ottobre 2019: Brescia, didattica in primo piano con l’EaS