di Matteo Rigamonti, giornalista e studente del Master in Media Education Manager (Mem)
(Terzo articolo di tre dedicati all’analisi della dieta mediale. Leggi qui il primo e qui il secondo)
Desincronizzazione dei palinsesti collettivi, personalizzazione delle modalità di fruizione e dei percorsi di accesso ai contenuti, scardinamento della tradizionale gerarchia dei media che attribuiva alle fonti professionali e autorevoli dell’informazione mainstream un ruolo esclusivo. Così il 15esimo Rapporto sulla comunicazione del Censis, che dal 2001 monitora i consumi dei media, sintetizza i cambiamenti nella dieta mediatica degli italiani e la loro ricaduta sulla vita del Paese. Il rapporto, peraltro, affronta anche alcune rilevanti evidenze nella dieta mediale dei giovani, tematica già affrontata da Cremit anche grazie all’indagine DISCUSS (DIgital Screens ConsUmption Survey System), che mira a raccogliere dati su tutto il territorio nazionale attraverso una survey costruita secondo rigorosi criteri scientifici
Il rapporto parte dalla televisione che – pur mantenendo un tasso di penetrazione pari quasi al 90% – registra un’accelerazione della desincronizzazione dei palinsesti collettivi. Oltre alla crescita della tv satellitare dal 27,3% del 2007 al 41,2% del 2018, i fruitori di tv via internet (web tv e smart tv) passano dal 10 al 30% e l’utenza mobile passa dall’1% al 26% negli ultimi dieci anni.
Discorso simile per la radio che resta forte nell’ascolto su automobile (autoradio al 67%) mentre cala l’ascolto tradizionale al 56,2%. Cresce l’ascolto da pc nel 2018 al 17%, mentre via telefono mobile ha già superato quota 20%. E anche le autoradio paiono sempre più destinate ad essere sostituite da radio digitali o integrate allo smartphone.
Anche il Censis conferma lo “squilibrio di una dieta mediatica povera di stampa” con i quotidiani calati al 37,4% dal 67% di dieci anni fa, i settimanali tutto sommato tengono botta (30,8%) come i mensili (26,5%); la free press, invece, anche per un fatto di costi è precipitata al 8,9%.
Il rapporto fa inoltre notare come “il 55,9% delle diete mediatiche degli italiani siano prive di mezzi a stampa” (giornali, riviste, libri). Un valore che nel 2007 era comunque alto ma pari al 39,3%. Ancora più preoccupante il medesimo dato tra i giovani che sale al 62,9%.
Cresce la lettura di quotidiani online (26,3%) e siti web di informazione (46,3%) ma senza compensare il ciclo negativo della carta stampata. A crescere – osserva il Censis – sono soprattutto i portali generalisti dell’informazione.
Cala anche il mercato dei lettori di libri (dal 59,4% al 42% in dieci anni) ma senza che decolli quello degli ebook (fermo all’8,5%).
In compenso l’utilizzo di internet e smartphone prosegue nella crescita, anche grazie a una sempre migliore connessione, a conferma della tendenza alla disintermediazione digitale. Internet nel 2007 era utilizzata dal 45,3% degli italiani all’interno della dieta mediatica oggi è il 78,4%. Lo smartphone è passato dal 15 al 73,8% nello stesso arco di tempo.
I social network più amati dagli italiani sono WhatsApp, Facebook e Youtube con percentuali sopra il 50% nel totale della popolazione sopra il 70% tra giovani under 30. Instagram è il social che presenta il più ampio divario nell’utilizzo tra giovani (55,2%) e totale della popolazione (26,7%).
Capitolo divario generazionale. Mentre per i giovani l’utilizzo di internet (90,2%), smartphone (86,3%) e social network (con percentuali superiori al 70%) è pratica comune, ma minore è la frequentazione diretta di siti web e informazione (55,3%), tra gli anziani (65-80 anni), queste pratiche sono appannaggio di percentuali di popolazione decisamente inferiori (42,5% per Internet, 35% smartphone, con i social si scende al 20% così come per siti web e di informazione).
Ecco per cosa utilizzano il web gli italiani:
(Terzo articolo di tre dedicati all’analisi della dieta mediale. Leggi qui il primo e qui il secondo)
Le puntate precedenti:
Dieta mediale #1. Reuters Institute Digital News Report 2019. Focus su dati Italia
Dieta mediale #2. Così si informano gli italiani. Tutte le evidenze dai principali dati del settore