[Diario dal Brasile] Quattro puntate in viaggio con un media educator

di Stefano Pasta

[Diario dal Brasile] Quattro puntate in viaggio con un media educator

[Diario dal Brasile] Quattro puntate in viaggio con un media educator


di Matteo Mancini, studente Laurea Magistrale in Media Education
Traduzione in portoghese di Enrica Ranno, educatrice territoriale

(Qui il link alla 2° Puntata)

(Qui il link alla 3° Puntata)

(Qui il link alla 4° Puntata)

Sono le otto del mattino e finalmente, dopo ben 13 ore di viaggio arrivo all’aeroporto internazionale di San Paolo Guarulhos.

L’atterraggio è un po’ brusco, fuori c’è un po’ di tempesta. Mi tolgo lentamente le cuffie, collegate al mini-televisore del sedile e cerco di ascoltare in portoghese l’annuncio della cabina di volo che comunica a tutti i passeggeri la possibilità di riaccendere i dispositivi mobili e di togliere la modalità aereo. L’aeroporto di San Paolo è piacevolmente caotico, tanti volti e molte persone, l’andatura è calma e a tratti dolce. Provo a guardarmi intorno, ma non riesco ad orientarmi così bene. Cerco informazioni per poter imbarcarmi velocemente sul volo per Florianopolis e anche se pochi annunci vengono fatti attraverso l’altoparlante, molti assistenti di volo comunicano i voli e i loro relativi gate ad alta voce mettendosi in mezzo ai corridoi aereoportuali.

Florianopolis mi rapisce dall’alto, il cielo dove le nuvole formano piccoli grumi concentrici è limpido e le increspature delle onde si scorgono appena dall’oblò dell’aereo. I colori ed i contrasti di luce si oppongono al vetro appannato. Si scende, c’è il sole e Monica Fantin, professoressa dell’Università Federale di Santa Catarina e una delle storiche interlocutrici brasiliane del Cremit, mi accoglie aspettandomi davanti alle transenne d’attesa passeggeri. Il clima è caldo, gradevole, e dopo aver fatto un rapido tour all’esterno dell’Università ci avviamo presso l’abitazione di Padre Vilson Groh. Egli conduce un Istituto che lavora per garantire futuro, visibilità e parola alle comunità povere interne alla città di Florianopolis. La sua casa è situata presso una di queste comunità. Per poter raggiungerla con la macchina si percorre una strada in forte pendenza. La macchina fa fatica, ma sale, sembra quasi un miracolo. Si osserva arrivare prima la strada e poi il paesaggio di case scomposte e irregolari che ne costeggiano le forme. Panni stesi, pitture scrostate, molti disegni che ne identificano i perimetri e tante persone che vivono “a rua” camminando in ciabatte o indossando scarpe da ginnastica. Poca musica, pochi cellulari e luci di schermi variopinti, tanto dialogo, un’esplosione di sguardi che si incrociano come i fili degli impianti elettrici delle singole abitazioni. La porta della casa di Padre Vilson è sempre aperta, accoglie, punto di riferimento di una intera comunità. Sopra, nella stanza dove alloggio una grande croce in pietra della piccola cappella accanto alle scale, sovrasta una marea di case che sembra quasi galleggino in un bagno di vita brulicante. Visuali ampie sopra una nuova cultura, che sceglie di mostrarsi con un tramonto bellissimo. Scatto qualche foto, voglio immortalare la novità con il mio cellulare, consumare il mondo nuovo ai miei occhi e replicarlo. Il mattino dopo faccio lo stesso, rimango in superficie, faccio un bagno in spiaggia aspettando l’alba alle cinque del mattino e poi mi immergo, sento la profondità del mare, le mie labbra incontrano il salato e il mio corpo entra in contatto con un’esperienza differente, immersiva.

L’atterraggio è stato morbido, ma il cammino forse non sarà altrettanto. Sento il terreno ruvido sul quale sono approdato, chiamare a gran voce. Osservo e percepisco sguardi e storie dove i media digitali si sconnettono, si identificano come strumento di narrazione, smettendo di catturare rappresentazioni, bensì creando e rappresentando la vita quotidiana nelle sue forme più tragiche.

Continua…

2° Puntata

3° Puntata

4° Puntata

Altre esperienze di tirocinio nella Laurea Magistrale in Media Education:
Cosa c’è di educativo nella robotica? di Valentina Piccoli

POUSO SUAVE NO MODO AVIÃO

São oito horas da manhã e finalmente, depois de 13 horas de viagem, chego ao aeroporto internacional de São Paulo Guarulhos.
O pouso é um pouco áspero, há um pouco de tempestade lá fora. Eu lentamente tiro meus fones de ouvido conectados ao minitelevisor no assento e tento ouvir o anúncio da cabine de voo em português que comunica a todos os passageiros a possibilidade de ligar os dispositivos móveis e desligar o modo avião. O aeroporto de São Paulo é agradavelmente caótico, muitos rostos e muita gente, o ritmo é calmo e às vezes doce. Eu tento olhar em volta, mas não consigo me orientar tão bem. Procuro informações para poder embarcar rapidamente no voo para Florianópolis e, mesmo que poucos anúncios sejam feitos pelo alto-falante, muitos comissários de bordo comunicam os voos e relativos Gate em voz alta, colocando-se no meio dos corredores do aeroporto.
Florianópolis me cativa de cima, o céu onde as nuvens formam pequenas protuberâncias concêntricas é claro e o movimento das ondas é pouco visível da vigia do avião. As cores e os contrastes da luz opõem-se ao vidro embaçado. Descendo, lá está o sol e Monica Fantin, professora da Universidade Federal de Santa Catarina, me dá as boas vindas, esperando por mim em frente às barreiras de espera dos passageiros. O clima é quente, agradável, e depois de fazer um tour rápido fora da Universidade, nos aviamos à casa do padre Vilson Groh. Ele lidera um Instituto que trabalha para garantir o futuro, a visibilidade e a palavra para as comunidades carentes da cidade de Florianópolis. Sua casa está localizada em uma dessas comunidades. Para chegar de carro, vá ao longo de uma estrada íngreme. O carro luta, mas sobe, parece um milagre. Você pode ver a estrada primeiro e depois a paisagem de casas desalinhadas e irregulares que contornam suas formas. Panos pendurados, tinta descascada, muitos desenhos que identificam os perímetros e muitas pessoas que vivem “a rua”, andando de chinelos ou usando tênis. Pouca música, poucos celulares e luzes de telas coloridas, muitos diálogos, uma explosão de olhares que se cruzam como os fios dos sistemas elétricos de casas individuais. A porta da casa do padre Vilson é sempre aberta, acolhedora, um ponto de referência para toda uma comunidade. Em cima, no quarto que me hospeda uma grande cruz de pedra da pequena capela ao lado das escadas, domina um mar de casas que parecem flutuar em um abundante banho de vida. Vistas amplas sobre uma nova cultura, que escolhe se mostrar com um belo pôr do sol. Eu tiro algumas fotos, quero capturar as novidades com meu celular, consumir o novo mundo em meus olhos e replicá-lo. Na manhã seguinte eu faço o mesmo, fico na superfície, tomo banho na praia esperando pelo amanhecer às cinco da manhã e depois mergulho, sinto a profundidade do mar, meus lábios encontram o salgado e meu corpo entra em contato com uma experiência diferente, imersiva.
O pouso foi suave, mas o caminho pode não ser o mesmo. Eu ouço o chão áspero em que eu aterrei, chamando em voz alta. Observo e percebo olhares e histórias em que a mídia digital está desconectada, eles se identificam como uma ferramenta narrativa, deixando de captar representações, mas criando e representando a vida cotidiana em suas formas mais trágicas.


Il mio nome è Matteo Mancini, ho 27 anni e provengo da un piccolo paese della provincia di Cuneo, Mondovì.
Sono un educatore professionale, lavoro in una Cooperativa sociale chiamata Caracol. I primi Indios del Chiapas in Messico avevano profonda considerazione per la figura del Caracol (chiocciola), che rappresentava l’entrata verso il cuore, la conoscenza e anche l’uscita dal cuore per andare nel mondo.
Con il Caracol si richiamava la collettività affinchè la parola scorresse dall’uno all’altro e nascesse accordo; il caracol era d’aiuto affinchè l’orecchio udisse anche la parola lontana.
Recentemente, con l’Università Cattolica di Milano, in seno a Scienze della formazione ho iniziato un percorso di laurea magistrale in MediaEducation che mi sta dando la possibilità di intraprendere un tirocinio estero.
In questo percorso si articola un viaggio frutto di un’esperienza che vuole farmi maturare sia a livello professionale, che umano.
Sappiamo quanto sia importante non smettere mai di imparare, di formarsi e di conoscere; a volte altre culture, altri usi e costumi arricchiscono il nostro bagaglio esperienziale facendoci maturare visioni e prospettive, che non saremmo stati in grado di intravedere senza.
Ho scelto dunque di partire per il Brasile, precisamente a Florianopolis (Santa Catarina) e a Sao Paulo per conoscere due precise realtà che mi racconteranno come ogni giorno l’educazione si confronta con il difficile quotidiano, interrogandosi sulle corrette pratiche d’intervento per portare professionalità e possibilità legate alla costruzione collaborativa di una vita sociale armoniosa, ricca e degna di essere vissuta.
La prima realtà osservata sarà il contesto sociale di Florianopolis che mi vedrà ospitato all’interno della complessa rete dell’Istituto Padre Vilson Groh e mi porterà ad interagire attivamente con la Universidade Federal de Santa Catarina
La seconda realtà osservata sarà L’istituto Paulo Freire di Sao Paulo.
Obrigado.


Univ. Cattolica del Sacro Cuore
Largo Fra Agostino Gemelli, 1 - 20123 Milano
Tel. 02-72343038 / 02-72343036 (direzione)
info[at]cremit.it


facebook instagram vimeo twitter linkedin telegram

Web site developed by Gianni Messina
© CREMIT tutti i diritti riservati