“Dalle social network communities alla comunità umana”: un commento al messaggio del Papa in occasione della GMCS 2019

di Alessandra Carenzio

“Dalle social network communities alla comunità umana”: un commento al messaggio del Papa in occasione della GMCS 2019



“Siamo membra gli uni degli altri (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana” è il titolo della 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali prevista per il prossimo 2 giugno 2019. Come ogni anno, il testo del messaggio viene reso pubblico il 24 gennaio, giorno in cui i giornalisti festeggiano il loro patrono, San Francesco di Sales.

Negli ultimi anni, Papa Francesco ha sempre avuto un’attenzione particolare al digitale. Consapevole dei rischi e dei limiti, il suo approccio è sempre stato quello di “umanizzare” la rete perché possa essere sempre più vissuta e caratterizzata da interazioni dialoganti.

Nella stessa direzione si muove il messaggio di quest’anno, invitandoci a vivere la rete come “occasione per promuovere l’incontro con gli altri”, non permettendo che diventi invece “una ragnatela capace di intrappolare”. E le trappole dell’isolamento, del sospetto e dello sfogo di ogni tipo di pregiudizio rischiano di fare di quello che dovrebbe essere “una finestra sul mondo” soltanto una “vetrina in cui esibire il proprio narcisismo”. “Questa dinamica drammatica”, prosegue il Papa, “manifesta un grave strappo nel tessuto relazionale della società, una lacerazione che non possiamo ignorare”.

Fare comunità, invece, è creare occasioni di scambio e d’incontro; si tratta di rafforzare le relazioni, o generarne di nuove, di “fare rete” sia essa digitale o in presenza. Francesco recentemente si è mosso su questa stessa linea lanciando l’applicazione “Click To Pray”, la piattaforma ufficiale della Rete mondiale di preghiera del Papa. D’altra parte la Chiesa con la preghiera da sempre ha saputo creare dei ponti invisibili capaci di unire terra e cielo, di far sentire tutti i fedeli riuniti in un unico popolo, di connettere le speranza e le gioia dell’intera famiglia umana.

Per questo, prendendo le parole dell’apostolo Paolo, il testo propone un’immagine potente ed efficace: dicendo che “siamo membra gli uni degli altri”, ricorda infatti la nostra comune vocazione all’essere parte di un unico corpo, di una sola comunità. Un “noi” dunque che chiama responsabilità e compartecipazione ogni membra, ogni persona. Siamo invece tentati a cercare la nostra unicità in ciò che ci separa dagli altri, spesso scordando che “l’autentico cammino di umanizzazione va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale, alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio”. Per questo cammino di umanizzazione che ciascuno di noi è chiamato a compiere, la rete può essere realmente una risorsa nella misura in cui è ponte per “avvicinarmi a storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza fisicamente lontane da me, per pregare insieme e insieme cercare il bene nella riscoperta di ciò che ci unisce”.

La via indicata dal messaggio è sinteticamente espressa nell’ultimo paragrafo in cui l’intera comunità cristiana è invitata a passare “dal like all’amen”. Il nostro celebrare la presenza del Dio della Storia nella nostra storia personale e comunitaria, il nostro annunciare la Verità della Vita, il nostro aderire al Corpo di Cristo, il nostro amen non può essere detto se non accogliendo gli altri.

Marco Rondonotti

 

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