di Pier Cesare Rivoltella
Sicuramente molti di voi ricordano le parole di una bellissima poesia di Costantino Kavafis, una delle tante letture che si possono dare del mito e del personaggio di Ulisse. L’ho richiamata quest’anno nell’editoriale che apriva la nuova annata della rivista di aggiornamento professionale che ho fondato e dirigo, Essere a Scuola. La uso anche ora per comunicare a tutti voi che non sono più il Direttore del CREMIT e non sono più un professore dell’Università Cattolica.
Kavafis è stato uno dei massimi poeti greci tra ‘8 e ‘900, anche se in Grecia mise piede solo due o tre volte nella sua vita, quasi interamente trascorsa nella nativa Alessandria d’Egitto. Itaca è la sua poesia più famosa, forse il suo capolavoro. In essa non si riflette su Ulisse come emblema della ragione occidentale, calcolante e strategica, né su Ulisse eroe della trasgressione che non si accontenta di accettare il limite e si lancia di continuo verso un oltre, né ancora su Ulisse simbolo della forza dei legami che caparbiamente cerca la strada di casa per ritrovare alfine la moglie Penelope e il figlio Telemaco.
L’interpretazione del mito è un’altra: «Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. […] Sempre devi avere in mente Itaca, raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio; senza di lei, mai ti saresti messo sulla via. Nulla di più ha da darti. E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare».
Cosa ha rappresentato per me Itaca, nella mia professione, cosa rappresenta? Fin dai banchi dell’Università ho sempre creduto che significasse fare il professore universitario, e farlo nella mia Università, in Università Cattolica. Ma poi, raggiunto l’obiettivo, mi sono accorto ogni anno che passava che il viaggio non era terminato fino a capire, in quest’ultimo anno, che Itaca “nulla aveva più da darmi”. Certo, senza quell’idea maturata mentre ero studente, mai mi sarei messo in viaggio, ma ora sentivo il bisogno di riprendere il cammino e ho voluto assecondare questo bisogno. Insegnerò al Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, quello che al tempo di Umberto Eco si chiamava DAMS. Per me è un po’ un ritorno alle origini, dato che la mia formazione è avvenuta nell’ambito della filosofia, della comunicazione, delle arti performative. Questo non significa che smetterò di occuparmi di scuola, di formazione degli insegnanti, di tecnologie didattiche e di Media Education. Semplicemente lo farò da un’angolatura nuova, e soprattutto sulla base delle sollecitazioni dei miei nuovi colleghi che (proprio come me) non sono pedagogisti.
A voi tutti va il mio grazie per questi anni trascorsi insieme.
Il CREMIT è nato in sordina, poi negli anni è cresciuto fino a diventare una realtà di riferimento nel campo della Media Education e delle tecnologie didattiche (non sono io a dirlo, parlano i fatti). È un motivo d’orgoglio e lo devo a tutti i collaboratori che in tutti questi anni hanno creduto nel progetto.
Sono due le idee principali che secondo me sono state vincenti.
La prima. Il CREMIT è sempre stato uno spazio da attraversare: luogo di incontri, di maturazione, incubatore di competenze e di professioni, un centro di ricerca che si è sempre proposto come network e come hub. Questo ha sempre significato apertura, disponibilità alla collaborazione, dinamismo.
La seconda idea è stata di integrare nel Centro universitari e insegnanti, obbedendo all’originario mandato che rispondeva a un’intuizione di Mario Giacomo Dutto, allora Direttore Generale dell’Istruzione in Lombardia. Per un certo periodo di tempo avevamo coltivato anche l’idea di certificarli i “nostri” insegnanti, battezzandoli CREDIT, CREMIT Distinguished Teachers. Poi non siamo riusciti a mettere a terra l’idea, ma sicuramente uno dei risultati più generativi prodotti dal CREMIT in questi anni è la presenza su tutto il territorio nazionale di insegnanti esperti che hanno fatto propria l’idea di scuola che con il Centro di ricerca ho provato a diffondere.
Lascio tutto questo nelle mani dei miei allievi. L’augurio è che, divenuti adulti, non abbiano più bisogno del padre e trovino strade personali: come diceva Steiner in un bellissimo libro – La lezione dei maestri – il maestro alla fine deve scomparire.
Quanto a me, mi potrete trovare nella mia nuova Università e sarò disponibile, come sempre, per fare un tratto di strada insieme. In fondo, come canta Guccini in un pezzo storico, «ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare». E riprendo il viaggio…
Pier Cesare Rivoltella