di Marzia Moro, laureata magistrale in Media Education
Il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza è continuamente oggetto di ondate di curiosità o di allarmismo riguardanti la presenza e l’utilizzo delle tecnologie digitali.
Qualche giorno fa la sezione salute del Il Sole 24 Ore era intitolata “Allarme schermi: a un anno d’età metà dei bimbi fino a 2 ore davanti a tablet e cellulari”[1] e l’articolo invitava a riflettere su un fenomeno in crescita nonostante evidenze scientifiche sui rischi per la salute psicofisica, emotiva e sociale dei bambini. Dopo aver letto una serie di dati statistici però potrebbe sorgere qualche domanda come:
- “La soluzione quale potrebbe essere?”
- “Ci sono solo aspetti negativi oppure anche delle opportunità?”
- “Che cosa ci spaventa e come dobbiamo comportarci da adulti e genitori?”
Tutte queste possibili domande ci portano a chiederci se ha senso parlare e usare le tecnologie digitali nella fascia 0-6 e ripensare il rapporto tra educazione e infanzia. Per introdurre l’argomento mi piace citare le parole di Rivoltella che con una metafora afferma:
È importante prendere consapevolezza del fatto che il digitale in questa fase storica ha pervaso ormai il nostro modo di vivere “onlife”, ha modificato il nostro habitat in una sorta di “società delle mangrovie” dove chiedersi se l’acqua è dolce o salata non ha molto senso, dove chiedersi se sei analogico o digitale ha perso di significato, perché in realtà l’infosfera in cui ci troviamo è fatta di entrambi, in modo imprescindibile. Prendere consapevolezza di questo ci aiuterebbe a capire che laddove la vita scorre, in famiglia, nei centri commerciali, sui treni, in macchina, nella vita di relazione, i nostri bambini vivono dentro un nuovo habitat che dipende anche dal digitale
Pasta S., Rivoltella P. C., 2022, p. 62. [2]
Chi opera oggi nei servizi per l’infanzia o che ha il vantaggio della vicinanza con i bambini e con le loro famiglie, percepisce i profondi mutamenti sociali e culturali in atto amplificati anche dall’aumento costante della presenza dei media e dalla loro diffusione sempre maggiore nella vita quotidiana ed è spinto a riflettere sull’uso dei nuovi linguaggi multimediali e digitali nel mondo dell’infanzia e a ripensare profondamente il ruolo dei percorsi didattici a scuola.
Una riflessione che riguarda il modo e il senso con cui gli educatori mettono in atto le prassi scolastiche e che richiede la necessità di un nuovo dialogo tra ricerca pedagogica e didattica.
La scuola, di ogni ordine e grado vive un profondo momento di transizione, spinto anche da una accelerazione tecnologica che la investe nel suo ruolo, anche dal punto di vista sociale e civico.
Il ruolo dei servizi educativi per l’infanzia diventa perciò quello di promuovere, fin da piccoli, usi critici e creativi della tecnologia digitale e di spingere a favore di una esplorazione della realtà anche attraverso i nuovi strumenti sfruttandone le potenzialità di integrazione con le prassi, le funzioni e le attività già in uso.
Il focus di questo percorso di ibridazione tra realtà fisica e digitale include anche la sfera delle relazioni dei bambini e delle famiglie oltre all’ambiente stesso del nido e della scuola dell’infanzia.
Tutto l’agire educativo degli insegnanti, dalle routine di cura alla progettazione educativa, dalla realizzazione degli interventi alla documentazione e comunicazione in itinere, necessita quindi oggi di un approccio interdisciplinare e multimediale che segua la crescita dei bambini, lo sviluppo e l’evoluzione dell’apprendimento sapendo cogliere le opportunità dell’innovazione che si concretizzano con la sperimentazione di nuove modalità, metodologie e nuovi strumenti didattici.
Per i bambini più piccoli i media digitali maggiormente utilizzati sono i dispositivi mobili come tablet e smartphone che richiedono meno competenze d’uso rispetto ai pc e grazie ad interfacce touch screen permettono loro di superare le barriere linguistiche e di interfacciarsi direttamente ai contenuti.
L’uso delle nuove tecnologie digitali offre quindi ai bambini un modo nuovo di giocare, scoprire e apprendere, di affinare abilità tattili e di apprendere nuovi linguaggi (iconico, grafico, testuale) che connettono il reale al virtuale.
Questa estrema varietà di linguaggi e di significati permette ai bambini di esplorare il mondo reale e simbolico con nuove modalità di creazione della conoscenza che riprendono la mobilitazione delle energie, il desiderio di fare e le motivazioni proprie del gioco.
Le tecnologie digitali posso elaborare i linguaggi tradizionali e fare emergere nuove forme di narrazione. Il bambino apprende attraverso il fare, quindi non attraverso generalizzazioni ma crea un proprio contenuto personale legato al contesto specifico in cui sta agendo e l’esperienza incarnata che matura, attraverso il suo corpo, le sensazioni e le percezioni tattili.
Tutto ciò concorre a creare i suoi schemi mentali iniziali che diventano la base sulla quale si formano più avanti gli altri schemi e su cui costruire la visione delle cose e del mondo. Il bambino quindi apprende e costruisce significati su di sé, sugli altri e sul mondo partecipando in modo attivo e con un alto coinvolgimento al contesto immersivo creato come ambiente di gioco.
Si possono utilizzare applicazioni o tecnologie digitali direttamente in classe insieme ai bambini che in questo caso saranno gli autori degli artefatti digitali realizzati oppure è l’insegnante che può utilizzare alcune applicazioni per predisporre artefatti che possano essere utilizzati come stimolo per attività didattiche e/o per documentare prassi educative.
Tali strumenti saranno poi utili a promuovere la comunicazione con le famiglie, la condivisione delle risorse e la riflessione delle pratiche tra i diversi operatori dei servizi educativi.
Se pensiamo ad esempio alle attività con gli elementi della natura, la semplicità dei materiali e del loro utilizzo ci dà la possibilità di fare, creare, disfare e trasformare. Successivamente con l’utilizzo di un tablet, uno smartphone e un proiettore si può condividere tutto quasi immediatamente e proporre immagini evocative al fine di sollecitare i bambini alla partecipazione e al dialogo con le educatrici e con i pari attraverso l’osservazione, la riflessione e la rielaborazione degli stimoli dell’attività.
L’educatrice ha un ruolo fondamentale di sostegno e stimolo in quanto ha il compito di avviare l’esperienza, di creare partecipazione da parte di tutti i soggetti (anche dei più piccoli o dei bambini con esigenze particolari, etc.) di rilanciare argomenti e stimoli, di discutere e di guidare l’attività.
Solo integrando le esperienze e le attività didattiche tradizionali con le attività digitali possiamo raggiungere il nostro obiettivo media educativo di evidenziare le affinità con le metodologie educative e didattiche già in atto per poi affinare le strategie più idonee per promuovere da parte dei bambini un uso attivo, responsabile e creativo di ogni strumento tecnologico.
Per concludere, è importante sottolineare che oggi siamo di fronte ad un ripensamento delle conoscenze pedagogiche, delle competenze professionali e delle esperienze educative e il digitale può aiutare ad elaborare nuovi modelli didattici basati su pratiche educative sperimentate e documentate senza dimenticare che i bambini hanno bisogno di bilanciare e integrare i nuovi approcci con tutte le atre forme di esperienze sociali, espressive e motorie. Se correttamente valorizzate, le attività con gli strumenti digitali saranno sempre più numerose e probabilmente si giungerà ad assistere a bambini produttori oltre che fruitori anche nell’ambito prescolare.
Saranno necessarie però delle linee guida che aiutino a tenere sempre come punto di riferimento i valori pedagogici e gli obiettivi del servizio educativo e delle famiglie e a porre l’attenzione sul fatto che i media non possono sostituire l’interazione personale, l’apprendimento nel mondo reale e la capacità di pensiero.
Con pazienza e supporto, anche le famiglie preoccupate degli effetti dei media digitali sui loro figli comprenderanno che l’evitare può rappresentare una soluzione solo in apparenza mentre un approccio media educativo può rispondere all’esigenza di formare soggetti più consapevoli e più responsabili oltre che più partecipativi e creativi.
Senza fermarsi ad una competenza tecnica, ma avviando riflessioni che coinvolgano anche aspetti di etica della responsabilità e di etica della comunicazione, avviando fin dalla prima infanzia forme di educazione alla cittadinanza.
Di Bari C., Mariani A. (a cura di), Media Education 0-6, Editoriale Anicia, Roma, 2018, p. 14
[1] https://amp24-ilsole24ore-com.cdn.ampproject.org/c/s/amp24.ilsole24ore.com/pagina/AEQmzv8C
[2] Pasta S., Rivoltella P. C. (eds.), Crescere Onlife, Editrice Morcelliana, Brescia, 2022, p. 62.
L’autrice, Marzia Moro: marketing e media specialist. Dopo la prima laurea in Relazioni Pubbliche ho maturato un’esperienza ventennale in aziende e multinazionali ricoprendo ruoli nella comunicazione e nel marketing. Dal 2010 mi occupo inoltre di coordinamento e gestione di servizi per l’infanzia. L’ultimo percorso magistrale in Media Education mi ha dato la possibilità di unire le mie due anime: la comunicazione e l’educazione, con uno sguardo alle nuove opportunità offerte dal digitale.