Questo mese andremo ad approfondire la prima delle cinque implicazioni che il digitale porta con sé analizzate nel testo di Michele Marangi “Addomesticare gli schermi”, pubblicato lo scorso ottobre. Bambini e bambine davanti agli schermi: riflessioni e approfondimenti.
Prima di addentrarci nella riflessione riteniamo sia utile provare a ripensare all’evoluzione che ha avuto la società e i cambiamenti che hanno interessato le famiglie. Non è necessario tornare indietro di molti anni, infatti le trasformazioni sono recenti e siamo sicure che molti di voi ne hanno chiara memoria. Pensiamo a coloro che sono nati a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso ed hanno visto ed usufruito dei media come fonti di informazione, con la trasmissione di notizie alla radio, sui giornali e poi in tv. Queste stesse persone da circa 10, 15 anni sono spettatori di un uso dei media totalmente rinnovato, potente e sempre più incalzante. Sono nonni e nonne, adulti in generale che si stanno mettendo in gioco e vedono completamente trasformato l’utilizzo che si può fare dei device. Al giorno d’oggi infatti ogni persona può produrre informazione, chiunque può diventare protagonista della creazione di un contenuto che può essere pubblicato e quindi reso fruibile da molti. Inoltre, è opportuno sottolineare come l’interazione con le tecnologie sia percepita diversamente in base alla generazione alla quale si appartiene, pensiamo ad esempio alle diverse competenze che abbiamo acquisito nell’esatto momento storico in cui siamo nati.
La stessa definizione di media, laddove venivano considerati strumenti da utilizzare o ambienti da vivere, sembra ormai superata perché riduttiva: non sono più solo questo perché costituiscono una fitta rete di input e output completamente innestata nella quotidianità e nelle relazioni di ognuno di noi.
Per approfondire quanto appena riassunto vi rimandiamo alla lettura del testo citato in precedenza, dove l’autore, Michele Marangi, accompagna il lettore in un’attenta ed accurata riflessione rispetto al mondo odierno. Noi proveremo invece a centrare la nostra attenzione sui bambini e sulle bambine. Oggi si sente spesso il termine onlife, coniato da Luciano Floridi intende unire le parole online, stato di connessione a Internet, e life, vita. Se ne parla dal 2019, quando viene aggiunto al dizionario Treccani che lo definisce come “dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa e economica, vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva”. Viviamo in una condizione permanente di connessione nella vita quotidiana, quindi in un contesto ibrido. Proviamo ad assumere il punto di vista dei più piccoli, prospettiva che accompagnerà gli articoli che pubblicheremo nel corso dell’anno.
I protagonisti sono i bambini e le bambine che fin dall’istante in cui vengono al mondo, seppur inconsapevolmente, hanno rapporto con gli schermi. Nel corso dei primi 2000 giorni di vita avranno sempre a che fare con gli schermi e con le loro molteplici possibilità di utilizzo. Cosa significa quindi per un bambino oggi essere “davanti agli schermi”? Non è difficile immaginare quanto questa condizione-posizione si sia amplificata dal 2020 in poi, tanto da portarci a considerare la pandemia come una sorta di nuovo anno zero, uno spartiacque tra un “prima” e un “dopo”. Senza riportare in questa sede dati e ricerche, presenti nel testo “Addomesticare gli schermi” riferite al consumo quotidiano in epoca covid, ognuno di noi avrà sperimentato sulla propria pelle un cambiamento, un implemento dei tempi di utilizzo oppure una maggiore varietà di device presenti in ambito domestico, che quasi sicuramente ha coinciso con quel particolare periodo storico. Naturalmente non riduciamo solo a questo parametro la riflessione altrimenti verrebbe naturale pensare che al ritorno alla normalità e quindi alla condivisione anche fisica di spazi e occasioni il cambiamento subito sia “rientrato”. In realtà, come detto poco fa, il 2020 ha segnato una vera e propria variazione nei comportamenti quotidiani. E’ chiaramente evidente che un atteggiamento sedentario, come quello che ci ha costretto forzatamente tra le mura domestiche, ha aumentato l’utilizzo degli schermi a scapito del sonno e dell’attività fisica che sono diminuiti.
Se spostiamo l’attenzione sulla primissima infanzia quello che è successo è che si è innescata una “familiarizzazione precoce con la relazione mediata”, reazione definita in questo modo che però, solitamente, è tipica dei social media che si usano, ormai, dalla preadolescenza in poi. Esaustivo potrebbe essere l’esempio della costante visione delle persone care riprodotte da uno schermo e che hanno accompagnato le giornate dei più piccoli per mesi e che sono entrate nella quotidianità della comunicazione. Pensiamo ai nostri bambini e alle nostre bambine nei momenti di gioco simbolico, quando “fanno finta di…” e subito ci apparirà davanti agli occhi l’immagine di questi piccolini che con la mano di fronte al loro viso, come ad imitare uno smartphone, videochiamano la mamma, il nonno o gli zii.
Chi ci conosce da un po’ sa che non amiamo gli elenchi ma forse in questo caso viene d’aiuto per una chiarezza espositiva definire che effetti può avere la costante e ripetuta stimolazione davanti agli schermi tra 0 e 6 anni di vita:
- potrebbe ostacolare la capacità attentiva;
- alcuni visioni ripetute del mondo fantastico (un uomo che sa volare ad esempio) vanno contro le normali percezioni, sempre molto concrete, che il bambino ha del mondo fisico e possono disorientare fino a creare danni sul cervello in formazione dei bambini;
- la mancata mediazione sul contenuto della proiezione da parte degli adulti e la visione veloce e ripetuta fanno emergere maggiore incapacità di regolarsi emotivamente;
- la visione di schermi prima del sonno porta a ridurlo in termini di qualità;
- l’uso costante e prolungato dei dispositivi nella prima infanzia sembra ritardare la capacità del bambino di autoregolarsi sia nella relazione col genitore sia nella gestione del gioco;
- nei bambini con fragilità già evidenti l’esposizione eccessiva potrebbe aumentare la problematicità.
Queste ricerche sono esplicative di quanto il rapporto tra digitale ed infanzia sia continuamente indagato e monitorato. Inoltre, fortunatamente questo studio si è implementato considerevolmente negli ultimi anni in relazione anche alla nascita del Sistema Integrato di Educazione e di Istruzione. Ci si è resi conto di come il cervello del bambino alle prese con costanti e innumerevoli informazioni e stimoli ma con sempre meno tempo per elaborarli, soccombe, arrivando a lungo termine a compromettere la sua capacità di memorizzazione e attenzione. Al contrario, si può affermare che è proprio nei primi anni di vita che i bambini devono costruire la loro capacità di saper leggere e analizzare le informazioni utili per poi essere in grado, in un futuro prossimo, di prendere decisioni anche complesse e riuscire a capire in profondità il significato degli eventi. Per fare questo, i bambini e le bambine devono allenarsi, allenare il proprio corpo e il proprio cervello, proprio come uno sportivo fa coi propri muscoli, ad osservare, analizzare, confrontare ed interpretare il mondo. Le neuroscienze ci parlano di quanto i legami affettivi già nel neonato gettino le basi della costruzione della capacità cognitiva. La voce del genitore che racconta una storia, il contatto con il libro, l’espressione, il tono, la mimica facciale attivano non solo quelle che diverranno connessioni linguistiche ma anche quelle espressive ed emozionali, utili a creare pensieri e parole.
Come più volte abbiamo ribadito e continueremo sempre a ribadire, la questione non fa riferimento al vietare o meno l’utilizzo degli schermi, ma si tratta di comprendere cosa è sano ed è meglio per i nostri bambini e le nostre bambine. Sicuramente, per un corretto sviluppo delle piccole menti e dei piccoli corpi è d’obbligo rispettare in primo luogo il bisogno di cogliere la dimensione fisica del mondo che li circonda, degli oggetti che vivono, degli spazi che abitano, delle esperienze che sperimentano, delle persone con cui entrano in relazione. A tal proposito è opportuno riprendere gli studi di Jean Piaget e le fasi da lui teorizzate. Il termine “fase sensomotoria” è stato coniato per descrivere il primo stadio di sviluppo cognitivo, che si estende dalla nascita fino ai circa 2 anni. Durante questa fase, avviene l’esplorazione del mondo attraverso le percezioni sensoriali e i movimenti fisici, imparando a coordinare azioni come afferrare oggetti, camminare e manipolare l’ambiente. È un periodo cruciale per lo sviluppo della comprensione dello spazio, del tempo e della permanenza degli oggetti (la consapevolezza che un oggetto continua a esistere anche quando non è più visibile).
Da ultimo, per concludere, ribadiamo ancora una volta l’importanza della figura adulta che affianca e accompagna il bambino nella sua posizione “davanti agli schermi”. Dove il termine accompagnamento ha un significato ben preciso e mai banale. I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze non sono lasciati soli davanti agli schermi. L’adulto è soggetto attivo nella fruizione e nell’utilizzo dei dispositivi e non solo. Infatti, mette in atto alcune azioni per accompagnare, quindi per stare con mente e corpo: commenta, puntualizza, pone domande, ascolta risposte, solleva dubbi.
Arrivederci, al prossimo mese dove andremo ad approfondire cosa c’è dentro agli schermi, con particolare attenzione verso i contenuti per bambini e i consumi mediali.