Alberto Manzi: Maestro, Scrittore e Innovatore

di redazione

Alberto Manzi: Maestro, Scrittore e Innovatore

Alberto Manzi: Maestro, Scrittore e Innovatore


di Eleonora Mazzotti

Una mattinata di studio dedicata ad Alberto Manzi presso l’Università Cattolica ha offerto un’importante occasione di confronto e approfondimento su una figura che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’educazione italiana.

Già dai saluti iniziali di Pierluigi Malavasi, Direttore del Dipartimento di Pedagogia, e Domenico Simeone, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione, emerge la poliedricità di Manzi: maestro, educatore, giornalista, scrittore e comunicatore televisivo. Michele Aglieri, che con Simona Ferrari ha costruito la mattina, ha tracciato un ritratto articolato del suo percorso, ripercorrendone la carriera educativa e il costante impegno nel campo dell’istruzione. Simona Ferrari ha coordinato il tavolo di lavoro, guidando la discussione sui diversi aspetti della sua eredità pedagogica.

Immagine tratta dalla copertina della rivista Essere a scuola, che ha dedicato il numero di novembre al maestro Manzi

La didattica di Manzi

Manzi ha iniziato la sua carriera educativa in un contesto estremamente difficile: un carcere minorile, dove si trovò a insegnare a 90 studenti con percorsi e bisogni educativi diversi, senza alcun materiale didattico a disposizione. In questo ambiente, sviluppò un metodo basato sulla narrazione orale, stimolando la partecipazione degli studenti attraverso storie coinvolgenti, come ricordato da Giulia Manzi.

Sebbene il suo approccio non fosse rivoluzionario in senso stretto, era fortemente innovativo: aggiornato sul piano pedagogico, creativo e capace di adattarsi alle necessità dei discenti. Roberto Farnè, studioso del maestro Manzi e autore di testi e interviste importanti, ha sottolineato come uno degli elementi chiave del suo metodo fosse l’approccio outdoor, che favoriva esperienze di apprendimento profonde e durature. Manzi tracciava mappe educative con percorsi definiti a grandi linee, sapendo bene dove voleva arrivare, ma senza rigidità mentale o didattica.

Elisa Manacorda, alunna di Manzi, ha offerto un’interessante testimonianza sul suo metodo educativo, basato sulla discussione e sulla collaborazione tra piccoli gruppi di studenti. I suoi allievi affrontavano anche temi complessi come la democrazia e l’importanza del rispetto per la parola altrui. Le sue lezioni erano dinamiche e arricchite da uscite didattiche, campeggi ed esplorazioni naturalistiche, che rendevano l’apprendimento più coinvolgente e significativo. Magistrale la lettera di saluto ai bambini e alle bambine in uscita in quinta elementare, ricca di significati e profonda, letta nel corso della mattina attraverso la voce interpretativa di Michele Aglieri.

La narrazione di Manzi attraverso la scrittura

Sabrina Fava, Alessandra Mazzini e Giulia Manzi hanno approfondito il ruolo di Manzi come scrittore. Un esempio emblematico è Grogh. Storia di un castoro, nato durante la sua esperienza nel carcere minorile. Pur essendo un romanzo d’avventura, il libro si configura come un vero e proprio manuale scientifico e rappresenta un potente strumento didattico.

Per Manzi, la narrazione non era solo un mezzo per trasmettere contenuti, ma un processo capace di stimolare la tensione cognitiva, accendendo negli studenti curiosità e interesse per la conoscenza. Dal 1952 al 1960 collaborò con Il Vittorioso, scrivendo novelle, racconti di viaggio, rubriche scientifiche e articoli argomentativi. La sua produzione editoriale si caratterizzava per tre elementi fondamentali:

  • La dimensione narrativa e comunicativa
  • La tensione verso il trascendente, mai banale o superficiale
  • L’integrazione tra scienza, avventura ed etica

L’approccio comunicativo di Manzi

L’intervento di Alessandra Carenzio si è focalizzato sull’importanza di Manzi nel campo dei media educativi e sulle proposte che possono essere rilette e applicate oggi attraverso i nuovi media.

Il maestro ha sempre saputo sfruttare diversi strumenti per l’insegnamento: l’immagine e il disegno, la televisione, la radio e la narrativa. Partendo dagli studi di Len Masterman, la riflessione si è concentrata su alcuni principi chiave:

  • Comprendere i sistemi e i processi mediali, piuttosto che limitarsi alla conoscenza dei linguaggi e all’accumulo di dati;
  • Incentivare attività pratiche come strumenti esplorativi (media making);
  • Promuovere il pensiero autonomo degli studenti;
  • Valorizzare la literacy come opportunità trasformativa, affinché la cultura “non sia consumata, ma compresa“.

Interessante la riflessione di Manzi sui media, in particolare sulla televisione: cosa fare? di chi è la colpa? Negli appunti si trovano già le tre A di Tisseron.

Stralcio degli appunti di Manzi, immagine tratta da: https://www.centroalbertomanzi.it/wp-content/uploads/2019/02/CentroAlbertoManzi-culturacompresa.pdf

Alberto Manzi è stato un maestro capace di unire didattica, narrazione e innovazione educativa. La sua eredità non risiede solo nelle trasmissioni televisive o nei suoi romanzi, ma in un metodo che ha posto al centro la curiosità, il coinvolgimento e la comprensione del mondo. Aspetti che sono stati ripresi nell’intervento di Stefania Borghi, dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici che è stata coinvolta nell’organizzazione del convegno e che ha incontrato le studentesse e gli studenti di Scienze della Formazione in una sessione pomeridiana basata sui dialoghi pedagogici.

Pierpaolo Triani, a conclusione del convegno, ha sottolineato: “Abbiamo bisogno di maestri colti, capaci di coltivarsi. Non che operano, ma che scelgono in base a fini di valore”. Ogni insegnante di oggi è chiamato a vivere pienamente la propria missione educativa, proprio sulle tracce di Manzi nei panni dell’adulto capace di coltivare talenti.

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