A modo mio.
di Veronica Baffi, insegnante di scuola dell’infanzia e collaboratrice CREMIT
Mi chiamo Veronica Baffi, sono laureata in Scienze della Formazione Primaria in Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e attualmente sto svolgendo il Master di II livello in Media Education Manager presso la medesima università. Durante l’anno di formazione, oltre a cinque moduli tematici che impegnano lo studente mediamente un fine settimana al mese, è previsto lo svolgimento di un tirocinio formativo. Ho fin da subito ritenuto interessante e molto stimolante la possibilità di effettuare il tirocinio in un’altra città e regione. Sono quindi partita per Firenze, dove ho conosciuto la Cooperativa Arca e vissuto la realtà del centro 1-6 Koala Blu, in via di Soffiano 51.
L’osservatorio scientifico è stato l’ultimo spazio presentato nel precedente articolo e la scelta non è stata fatta a caso. Infatti, come già avevo anticipato questo ambiente ha subito un’importante trasformazione nel corso della mia permanenza a Firenze. In quei giorni ho potuto osservare adulti e bambini lavorare insieme, ho visto menti e mani alle prese con la progettazione e la realizzazione di un mobile multifunzionale. Poter assistere alla creazione di questo mobile, osservare i piccoli utilizzare strumenti di falegnameria e non solo ha suscitato in me una riflessione profonda.
Ritengo però opportuno fare un passo indietro e raccontare le diverse fasi del processo di creazione.
La stanza ospita al proprio interno diversi strumenti utili alla scoperta, all’osservazione, alla conoscenza della natura e dei suoi elementi. Da lì, l’idea di realizzare un unico mobile che potesse racchiudere in sé diverse funzioni.
Il mobile che è stato pensato, ideato, progettato e realizzato da Elisa Ciotoli, coordinatrice pedagogica area infanzia della Cooperativa Arca, e da un piccolo gruppo di bambine e bambini del centro 1-6 Koala Blu di Firenze.
Progettare e costruire con i bambini significa coinvolgere appunto bambini e bambine nella riprogettazione degli spazi che sono soliti vivere quotidianamente. Le fasi che hanno consentito la riprogettazione della stanza sono state cinque: destrutturare, progettare, ristrutturare, costruire, esplorare.
Prima fase: destrutturare
I bambini, dopo essere venuti a conoscenza dell’idea di Elisa, con cacciaviti, brugole e tanto olio di gomito hanno iniziato a svitare e rimuovere tutto ciò che non serviva più.
Seconda fase: progettare
La coordinatrice invita i bambini a pensare a cosa vorrebbero in questo mobile, ascolta con attenzione ed annota le risposte che le vengono date. Quindi viene applicato un grande foglio di carta della stessa dimensione del mobile e i bambini disegnano le loro idee e le fissano utilizzando pennarelli e fantasia, apportando ognuno il proprio contributo.
Terza fase: ristrutturare
Elisa Ciotoli propone ai bambini gli strumenti del mestiere. Questo momento molto attivo e pratico è preceduto da una breve spiegazione sul corretto utilizzo degli arnesi, su come si fa a stuccare e, successivamente, quali sono le azioni da compiere per imbiancare.
Quarta fase: costruire
Il giorno seguente la pittura è asciugata ed è possibile procedere con la realizzazione vera e propria del mobile. Anche in questo caso, vengono presentati gli strumenti da lavoro ai bambini che possono essere osservati, toccati e provati. Il gruppo di lavoro si divide, mentre alcuni sperimentano viti, martelli, avvitatore e cacciaviti su un pannello di legno di scarto, a turno qualcuno, guidato dalla coordinatrice, intaglia e fora il vero piano di lavoro.
Quinta fase: esplorare
Il mobile è terminato, i bambini e le bambine sono entusiasti di poter finalmente vedere il proprio lavoro finito.
La soddisfazione è tanta! I bambini percepiscono questo mobile come qualcosa di loro. Questa sensione è chiara e netta ed emerge nel momento in cui ci si ferma ad osservarli durante l’utilizzo di questo “vulcano di idee”.
Le postazioni presenti sono diverse. Alcuni barattoli di vetro fissati alla mensola consentono di osservarne il contenuto. Troviamo delle lenti di ingrandimento ed alcune pinzette. Diversi contenitori di plastica trasparente e uno specchio. Una vaschetta in plastica che può contenere diversi oggetti che possono essere osservati grazie ad un microscopio digitale o ad una sonda endoscopica (entrambi possono essere connessi via Bluetooth ad un tablet). Questi strumenti sono i più ambiti: i bambini riescono ad osservare elementi vegetali e animali grazie ad un potente zoom.
Galleria Fotografica
Anche l’occhio vuole la sua parte. Racconto fotografico dell’esperienza di costruttività vissuta al centro 1-6 Koala Blu di Firenze
Documentare
Trasversale a tutte le cinque fasi descritte sopra, la documentazione appare un momento estremamente importante e al quale è utile dedicare alcune battute.
Come affermato nel testo curato da Elisa Ciotoli e da Flavia Floria (atelierista dei linguaggi analogici e digitali della Cooperativa Arca) «attraverso uno scatto fotografico di luoghi, esperienze ludiche, ambienti, oggetti e persone si attiva immediatamente nel bambino il processo di identificazione e immedesimazione» (Ciotoli & Floria, 2018, p. 122) e ancora «utilizzare strumenti digitali per documentare le esperienze, permette di semplificare e rendere immediato il processo di rielaborazione e quindi facilita e aiuta il bambino a contestualizzare il concetto di tempo (prima e adesso).» (Ciotoli & Floria, 2018, p. 122)
I bambini quindi, nel corso della riprogettazione dello spazio hanno scattato alcune fotografie che sono servite loro, in un secondo momento per realizzare un libro digitale. Questo è stato creato dai bambini, guidati dalle educatrici, con l’app gratuita bookcreator (disponibile per iPad iOS o per tablet Android; disponibile anche il sito web www.bookcreator.com).
La documentazione prodotta consente di coinvolgere direttamente il bambino nel racconto dell’esperienza vissuta e quindi di creare un filo relazionale che lega la scuola e la famiglia: educatore, bambino e genitore. Il digitale inoltre aiuta a rendere la restituzione immediata, fotografie, video e audio sono raccolti in un libro digitale che può essere continuamente modificato ed aggiornato.
Riflessioni a posteriori
L’esperienza appena descritta ha generato in me alcune riflessioni profonde che vorrei condividere di seguito.
Innanzitutto, è opportuno specificare che il contesto all’interno del quale avviene questa riorganizzazione degli spazi ospita adulti e bambini che hanno già fatto esperienze di questo genere, seppur di minore impatto. I bambini che compaiono nelle fotografie spesso svolgono attività di falegnameria in un’apposita aula attrezzata all’interno della struttura. Tutti i materiali e gli strumenti sono “veri” e i piccoli sono stati educati al loro utilizzo. L’utilizzo della brugola piuttosto che del cacciavite o del martello risulta per loro una normale attività manuale, che consente, tra le altre cose, di focalizzare l’attenzione sullo sviluppo della motricità fine.
Inoltre, i bambini durante le fasi di destrutturazione, progettazione e creazione hanno modo di riflettere sulle proprie azioni. Lo sviluppo del pensiero critico e il problem solving sono solo due delle diverse competenze che vengono attivate con lo svolgimento di questo tipo di attività. I bambini ricercano strategie funzionali alla risoluzione dei problemi attivando la loro fantasia e immaginazione.
Una grande difficoltà che ho riscontrato principalmente in noi adulti è il dare fiducia al bambino. La paura che qualcosa vada storto, che i bambini si possano fare male, viene trasmessa dall’adulto sotto forma di continui richiami e consigli non richiesti. Il grande lavoro che è stato fatto dallo staff del centro Koala Blu 1-6 di Firenze parte principalmente dall’avere fiducia nelle competenze dei piccoli e quindi consentire loro di utilizzare anche arnesi apparentemente pericolosi. L’operosità del bambino è costantemente attivata da nuovi stimoli. L’apprendimento passa dunque dalle mani, andando a rispondere anche a quel grande bisogno di fare che i bambini di quest’età hanno insito nella loro natura. L’operosità, inoltre, consente di sperimentare sia la prudenza nell’utilizzo di strumenti e arnesi che la cura degli stessi.
L’esperienza simboleggia anche un chiaro esempio di cittadinanza attiva in cui tutti, adulti e bambini, si interrogano sulle proprie esigenze e necessità, ripensando, ideando e riorganizzando ambienti di vita quotidiana. Il bambino diventa artigiano del proprio spazio. I suoi desideri, le sue idee, la sua illimitata immaginazione viene ascoltata dall’adulto e viene trasformata in un qualcosa di concreto, che passo dopo passo prende vita.
Un altro aspetto fondamentale è lo sviluppo del pensiero in azione. Bambine e bambini imparano facendo e prestano sempre maggiore attenzione alla coerenza (o non coerenza) che unisce il pensiero, quindi l’ideale, al concreto, quindi la realtà.
Ciò che viene fatto può essere ricondotto a due pratiche didattiche basate sui principi della pedagogia attiva costruzionista. Pratiche che sono fondamentali per lo sviluppo di processi socio-cognitivi che si trovano alla base del sapere pratico del nostro secolo. Tali processi sono: allenare l’immaginazione, responsabilizzare, implementare forme di creatività. Non solo il prodotto finale ma il processo messo in atto per la sua realizzazione risulta fondamentale. La fantasia viene tradotta quindi in realtà e ciò che viene potenziato è l’intelligenza emotiva, creativa e tecnica. (Fondazione Mondo Digitale, 2019, p. 19) Le pratiche didattiche in questione sono il tinkering e il making. Il primo unisce tre verbi inglesi think-make-improve, è inteso come una forma di apprendimento informale e ludica in cui si impara facendo e quindi si insegna a “pensare con le mani”. La manualità assume un ruolo centrale e i verbi di riferimento sono sicuramente montare e smontare, il tutto alla ricerca di sempre nuove combinazioni. Il makingpuò essere tradotto con il termine fabbricazione, unisce il bricolage ed il fai da te. Fin dalle più antiche civiltà, l’uomo è stato in grado di costruire e adattare oggetti sulla base delle proprie esigenze, recentemente riemerge questa necessità di ritorno alle origini e quindi alla produzione home made. Entrambi sviluppano diverse competenze utili nella vita quotidiana di chiunque, ad esempio: la capacità di analizzare, di concentrarsi e di mantenere la concentrazione, di lavorare in autonomia, di riconoscere i propri limiti, di fare diverse ipotesi e scegliere le migliori. (Fondazione Mondo Digitale, 2019, p. 20, 21)
Ciò che emerge da questa esperienza è l’importanza di uno sviluppo del bambino a tutto tondo. Crescita consentita tra le altre cose anche grazie all’integrazione della Media Education fin dalla prima infanzia. Tema che sarà protagonista del prossimo contributo.
Bibliografia
Ciotoli, E., & Floria, F. (2018). Piccoli passi. Riflessioni ed esperienze di media education nei contesti educativi gestiti da Arca Cooperativa Sociale. Roma: Editoriale Anicia Srl.
Fondazione Mondo Digitale. (2019). Tinkering Coding Making per bambini dai 4 ai 6 anni. Trento: Erickson.
Per approfondire:
Racconto di un’esperienza al centro 1-6 Koala Blu di Firenze – prima puntata, CREMIT
Racconto di un’esperienza al centro 1-6 Koala Blu di Firenze – terza puntata, CREMIT